Recensioni / Peter Eisenman, il Chomsky dell'architettura

ABCB/ AABCB/ AABCB»: il ritmo dei moduli del'edificio che Peter Eisenman sta costruendo a Milano con Lorenzo Degli Esposti ricorda una struttura sintattica o, se si vuole, la metrica di una poesia. E non a caso. Eisenman (Newark 1932, progettista del Wexner Center della Ohio State University), infatti, è il Noam Chomsky dell'architettura. Crede che l'architettura si sviluppi a partire da una struttura sintattica profonda («interna») che ciascun architetto modifica. Proprio come Chomsky nella sua grammatica generativo-trasformazionale, ritiene che la lingua architettonica si muova da strutture sintattiche profonde con successive modificazioni.
In questi giorni Malia sta riservando a Eisenman un'attenzione simile a quella che dieci anni fa accompagnò la sua riscoperta del razionalismo di Giuseppe Terragni: ha chiuso alla Triennale di Milano l'edizione del MiArch curata da Stefano Boeri; ha ricevuto il Premio Piranesi Prix de Rome 2014 - lui, grande studioso del Campo Marzio di Piranesi, come mostrato nell'ultima Biennale - e il 26 marzo uscirà da Quodlibet un importante volume di suoi scritti intitolato Inside out. Scritti 1963-1998 (pp.392, € 28).
«L'uso dei diagrammi è fondamentale in architettura - raccontava Eisenman l'altra sera in Triennale -. Da Alberti a Palladio, dal Brunelleschi di Santo Spirito al Bauhaus, l'architettura è fatta da diagrammi e loro travisamenti». L'architettura nasce da un linguaggio interno che viene elaborato «attraverso una sua forma discorsiva». Ovviamente questo linguaggio va configurandosi in «norme» e «tipi». Le norme sono relazioni stabili di invenzioni dell'interiorità architettonica, «le condizioni normative sono riduzioni a una forma-tipo» di volta in volta superate da continue trasgressioni che vengono poi incorporate come condizioni di normalità. Anche spostando l'elaborazione discorsiva dell'architettura da quella vitruviana a una di tipo linguistico, l'esito è un procedimento strutturale simile, come mostrato proprio da Eisenman nel suo lavoro con Jacques Derrida (Les folies a Parigi): l'applicazione della decostruzione all'architettura ha rinnovato la prassi di tradimento del canone. Alla luce di questo «movimento» continuo tra norma e superamento della norma, Eisenman ha letto le opere di molti maestri dell'architettura, da Le Corbusier a James Stirling, da Michael Graves ad Aldo Rossi.
Oggi, «con l'avvento dell'era digitale, i paradigmi teorici che hanno definito l'interiorità dell'architettura vanno però riconsiderati», scrive. E sempre oggi, ha aggiunto nel suo intervento, dobbiamo considerare seriamente «l'allarme lanciato da Benjamin sul fatto che l'architettura viene fruita nella distrazione: dobbiamo rimettere al centro l'attenzione sull'architettura di fronte all'eccesso dei social media».