Kafka anticipò il fascismo? Torna la polemica
«Era un ammiratore dell'ingiustizia». «No, pieno di speranza»
Chi ha paura di Franz Kafka? Negli anni Cinquanta furono in molti, soprattutto a sinistra, a vedere nell’opera del grande scrittore boemo una forma di accettazione della realtà esistente che rendeva inutile qualunque forma di rivolta. Ma già nel 1934, il giovane filosofo Günther Anders, allievo di Heidegger e Husserl, primo marito di Hannah Arendt, in una conferenza a Parigi dove era esule dal nazismo, mise in guardia dalla «moda kafkiana» imbastendo una sorta di processo allo scrittore, poi perfeaionato e argomentato più diffusamente nel 1951 in un saggio pubblicato dall'editore Beck.
Lo scritto, in cui il filosofo accusa Kafka di aver anticipato il fascismo legittimando di fatto il potere assoluto che rappresenta, suscitò una polemica serrata con Max Brod, grande amico di Kafka, promotore delle sue opere in vita, e, dopo la morte, suo biografo principale, nonché esecutore testamentario (per nostra fortuna) inaffidabile che, invece di distruggere le opere come gli era stato chiesto dallo scrittore, le pubblicò.
Ora l’editore Quodlibet ripubblica in italiano, a cura di Barnaba Maj, autore anche della postfazione, il saggio di Günther Anders, Kafka, pro e contro, con un'appendice che contiene la replica di Max Brod e altri due interventi, finora inediti: la risposta di Anders e la controreplica di Brod. Una vivace querelle culturale e filosofica che ancora oggi riesce ad appassionare.
Provocatorio e dissacrante, Anders, nel 1984, contestualizzava la nascita della sua teoria su Kafka: Se in questo scritto composto al culmine dell’ agitazione antifascista, quindi in un momento in cui per uno come noi non poteva esserci, nessun tema che potesse porsi al di fuori di questo ambito, mi persuasi di scoprire in Kafka un nemico, ciò aveva la sua ragione nel fatto che qualsiasi inclinazione alla sottomissione e all’assimilazione non mi andava a genio: mi ricordava,infatti, tanto l’affannosa uniformazione degli amici di ieri con il Terzo Reich, quanto gli sforzi troppo zelanti degli emigranti trasportati dal mare sulla Costa straniera per diventare il più rapidamente possibile immigrati».
Anders vedeva nel Castello la rappresentazione, se non la glorificazione, di una esistenza incompleta, oltre che « lo sforzo familiare a noi ebrei di appartenere a qualcosa e di essere accettati». Lo sforzo del1'agrimensore di farsi accettare e, secondo Anders, «uno zelante uniformarsi alla malvagità», attraverso cui non si riconosce certamente il male come bene, ma «lo si legittima», mentre, nel Processo, l’ atteggiamento di K. che «corre incontro alla sua pena, senza indagare seriamente di che cosa fosse propriamente incolpato» e secondo il filosofo tedesco una specie di «narcisismo negativo, una voluptà humilitatis, quindi una forma di masochismo» che sfiora il nichilismo.
Nella sua replica Max Brod cercava di smontare le accuse mostrando come «la tendenza di Anders a vedere in Kafka un servile disfattista, che dunque rappresenta una forma originaria del fascismo» lo porti a capovolgere i fatti, equivocando anche la Lettera al padre e interpretando la frase «Dalla Tua poltrona tu governavi il mondo... la Tua sicurezza era così grande che potevi essere incoerente e tuttavia non cessavi di avere ragione...» come una forma di oscura ammirazione per l’autorità, anche ingiusta, laddove invece vi sono ironia e ccitica. «Anders pretende di aver sempre riconosciuto in Kafka un ammiratore dell’ingiustizia nel mondo, del male e dei mostri che maltrattano l'umanità», scrive Brod, mentre l’intera lettera al padre «è un tentativo (in diversi punti molto affettuoso) di indurre il padre a riconoscere i propri errori».
Opposta anche la lettura del Castello: secondo Brod la teoria di Anders «che Kafka abbia anticipato il fascismo, che il suo atteggiamento sia stato "di un'autoumiliazione totalmente priva di dignità» e che 1'influenza dell'autore in quei tempi si fondasse «segretamente sull’ elemento fascista insito nella sua opera» e semplicemente grottesca. Il Castello non può essere «un'adorazione quasi fascista delle ingiustizie commesse dalle istanze intermedie», perché l'agrimensore K, non smette di protestare contro queste istanze intermedie «confuse e pigre, se non addirittura cattive» che gli impediscono di arrivare all'autorità suprema, non accetta gli abusi di chi ha il potere. Identificando la suprema autorità con Dio, Brod, nella sua lettura religiosa dell'opera dell'amico, rimprovera ad Anders di non aver colto la speranza di Kafka, ovvero «la finale distruzione delle istanze intermedie the dividono Dio dall'operare umano».
Ed è proprio su questa lettura religiosa dello scrittore che si sofferma la replica di Anders a Brod, accusato di confondere l’opera di Kafka con la persona Kafka, oltre che di aver «monopolizzato» l'interpretazione kafkiana. «Quando definisco Kafka "un ateo che si vergogna", non emetto alcun giudizio sulla persona, tanto meno una condanna», scrive Anders. Giudizio che comunque Brod non accetta, nemmeno nell'ultimo atto della querelle, la risposta alla contro-replica di Anders. Mentre Anders classifica Kafka tra i non credenti pensando che non solamente abbia descritto, «ma anche venerato la malvagità e la confusione del mondo, spianando cosi la strada al fascismo», Brod vede «la grandezza di Kafka nell’ essere arrivato, in un mondo malvagio, a una posizione di intensa fede in Dio e nella libertà umana; di aver raggiunto il bene e di averci quindi indicato una strada per la liberazione».
Pro e contro: processo in quattro tempi (e due inediti)
«Kafka.. Pro e contro» di Günther Anders «esce dall’editore Quodlibet a cura di Barnaba Maj, autore anche della postfazione (traduzione di Paola Gnani e, per i testi in appendice, di Stefania Dalena, pp. 200, euro 14,50). Il volume raccoglie 1'intera polemica su Kafka scoppiata tra il filosofo tedesco e Max Brod in seguito alla pubblicazione del saggio, nel 1951. Oltre al saggio di Anders - corredato da un'introduzione scritta dallo stesso autore nel 1984 per l’editore tedesco Beck - è compreso nel volume lo scritto di Max Brod intitolato «Assassinio di un fantoccio chiamato Franz Kafka» (1952) e due testi finora inediti: la replica di Anders e la controreplica di Brod, entrambe del 1952.