Eresia proviene dal greco e vuol dire afferrare, scegliere, eleggere.
Negli Atti degli Apostoli conserva ancora un carattere neutro, mentre
nel Nuovo Testamento diventa un termine negativamente connotato, fino a
significare l'opposto di ecclesia. L'eretico, colui che compie una
scelta divergente rispetto a ciò che è andato definendosi come regola,
viene a coincidere con il sacrilego; con colui il quale non vuole
riconoscere le strutture dell'ortodossia.
Piccola storia delle eresie di Mauro Orletti (Quodlibet) descrive
dottrina e consuetudini delle sette eretiche cristiane in un arco di
tempo che va dal primo secolo allo scisma del 1054. Si parte dai
Simoniaci, ed esattamente dalla sfida, nel teatro di Roma, tra Simon Mago
che vola in cielo e San Pietro che lo riprecipita al suolo rompendogli
le gambe, si prosegue con gli Emerobattisti (che immergendosi tutti i
giorni in acqua «ne approfittavanoper lavare vestiti, masserizie e
stoviglie», rimproverando inoltre i discepoli di Cristo perché sedevano a
tavola senza aver lavato le mani) , e poi con i Carpocraziani (peri
quali Dio ha l'aspetto di un asino) , i Basilidiani (adoratori di porri e
di cipolle), i Dattilorinchiti (che se ne andavano in giro con l'indice
su naso e bocca a imporre un silenzio assoluto ed eterno), i Saccofori
(che pregavano agitando un dito in aria per uccidere il demonio e che
consideravano l'andare di corpo come un peccato gravissimo), gli
Etnofroni (cristiani paganizzanti che durante il settimo secolo
divinavano interrogando il formaggio, le fave, i tuoni, la cera fusa e i
«riccioli dei bambini agitati dal vento») e con decine di altri gruppi, di cosmogonie, liturgie e protocolli.
Come precisato nella premessa, in questo libro «l'approccio adottato è
esclusivamente letterario». Vale a dire che Orletti osserva - e lo fa
con grande acume - il versante estetico e paradossale di ogni dogma e di
ogni follia rituale; non con l'intento di ironizzare su tutto ciò
relegandolo a pura e semplice bizzarria, a un catalogo di assurdi
lontani da una verità rivelata ed evidentemente indiscutibile. Al
contrario, Orletti sa bene che di verità tetragone e definitive non ce ne
sono e che comporre una storia delle eresie significa ricostruire una
storia dei possibili mancati, delle alternative perdute, delle ipotesi
irrealizzate; per arrivare a scoprire che quanto in ambito cristiano è
inteso come ortodossia è anche l'esito di un processo di progressivo
smaltimento delle differenze.
Racconta Orletti che già nel quarto secolo Retorio -da cui i Retoriani-
chiariva i motivi per cui ogni eresia aveva senso e nessuno poteva
venire condannato per le sue opinioni: «L'uomo pensa ciò che è
naturalmente incline a pensare e dunque non sbaglia mai e ha sempre e
comunque ragione».