Recensioni / Tom Kromer: l'antesignano di Bukoswski e Fante

“Waiting for nothing”, “In attesa del nulla”: questo il titolo originale dell’unico libro scritto da Tom Kromer, nato nel 1906 in West Virginia che pubblicò questo romanzo nel 1935 e ora nelle librerie per Quodlibet con il titolo “Un pasto caldo e un buco per la notte” (traduzione e curatela di Mario Maffi, pp. 189, euro 15). Kromer ci regala, negli anni della Grande Depressione Americana, un urlo alla Gorky, una testimonianza quasi unica su una crisi economica che spaccò non solo il dollaro, ma anche i valori civili e sociali degli Stati Uniti. Protagonista è un “hobo”- quello che oggi definiremmo un “clochard”- che vagabonda da una città ad un’altra raccontandoci l’altra faccia degli Stati Uniti: quella dei derelitti, dei senza tetto, dei disperati, dei drogati. Attraverso questa lente, che potremmo superficialmente definire “deformata”, Kromer ci racconta come la vera miseria stia nel cuore della società e non certo nei suoi margini. Senza tanti giri di parole, con un linguaggio crudo, diretto, Kromer ha la capacità di farci riflettere su un periodo che per molti versi ricorda il nostro, ma che al contempo è una tragicommedia. Da una parte ricorda il Charlie Chaplin più duro (quello delle denunce sociali, celate dietro lo schermo delle “Comiche”), dall’altro il London che descrisse più o meno gli stessi paesaggi emotivi de “La strada” (inedito sino a due anni fa e tradotto dall’ottimo Davide Sapienza per Castelvecchi). “Un pasto caldo e un buco per la notte” è uno di quei libri che tutti dovrebbero leggere: non solo per essere antesignano di tutto un genere letterario (basti pensare alla Los Angeles di Fante o Bukowski), ma come manuale di autodifesa di questi tempi devastati e vili. Perché, come scrive Kromer: “Se ti piace, se ami la persona con cui stai sotto il ponte, anche il ponte non è male. Anche la vigilia di Natale non è male”.