“Non c’è peggior nemico degli eretici di un altro eretico”. È quanto
chiosa Mauro Orletti alla sua Piccola storia delle eresie (Quodlibet,
154 pgg., 14 €), un racconto ‘ragionato’ e assai vivace del pensiero
ereticale cristiano dal I secolo fino allo scisma tra chiesa d’Oriente e
d’Occidente del 1054.
E di racconto infatti si tratta, come specificato fin dall’introduzione,
vista la confusione delle verità storiche al riguardo promulgate e
conservate, alle quali solo la ricostruzione narrativa può restituire
dignità o necessità. Nell’introduzione è altresí svelato l’intento, anzi
le prime righe citano Tolstoj dando a Dio quel che è di Dio, vale a
dire che “ogni passo avanti verso l’intelligenza è stato fatto da
eretici”, e l’obiettivo resta puntato sull’incantamento dell’idea di
compiutezza e stabilità del pensiero cristiano fin dall’inizio e
relativi comportamenti morali, mentre l’unica verità è che la confusione
ha sempre regnato sovrana.
O, forse meglio che, come sempre e dappertutto, le presunte certezze
sono arrivate a seguito di progressivi aggiustamenti che non hanno mai
fine pena il rigor mortis, se hanno riguardato perfino l’individuazione
del Purgatorio attorno al XIII secolo o i dubbi sul Limbo nelle
dichiarazioni di Ratzinger di qualche anno fa.
Orletti, abruzzese di Chieti ma abitante a Bologna, già autore di due
romanzi, Mi sento già molto inserito e Un uomo in movimento, ha fatto
studi di giurisprudenza quindi di cavilli se ne intende, qui però limita
e quasi nasconde l’erudizione al riguardo, appuntandola appena nelle
note finali. Allo stesso modo la narrazione è lieve e la lettura delle
vicende impertinente e maliziosa quanto basta. E non potrebbe esser
altro, visto che la confusione sotto il cielo è sempre grande e ci si
barcamena tra i miracoli della fantasia, chiedendo al lettore solo di
cedere alla vaghezza.
Fraintendimenti, sprezzature, discordie soprattutto, la vasta gamma di
follie e stranezze, rinnegati e litigi, scaravoltamenti continui, lotte e
diatribe, storie di torture e vendette, omicidi e riabilitazioni,
abiure e sconsiderati d’ogni tipo. E allora vediamo san Pietro che per
sbugiardare Simon Mago fa morire il bimbo che quello ha appena
resuscitato (per resuscitarlo lui dopo); bastian contrari come i
Cainiti, acerrimi avversari del creatore e veneratori di quelli che gli
si sono ribellati; fanatici ottimisti come i Montanisti, nonché
adoratori di palloni gonfiati.
Vediamo i Basilidiani secondo cui c’è stato uno scambio e sulla croce
c’è morto Simone Cireneo, vi sono angeli di 154 chilometri d’altezza e
22 di piede e la geniale Santa Quaternità, composta da Impronunciabile,
Silenzio, Padre e Verità… Rituali folli come i feti pestati nel mortaio e
mischiati a miele e spezie prima d’esser mangiati, lo stravagante
elenco delle divinazioni più disparate (si interrogavano dal formaggio
ai riccioli dei bimbi al vento), fino alla tenera cocciutagine degli
Agnoeti, fieri partigiani dell’ignoranza. Mirabile l’efficacia della
formula dei Retoriani, secondo cui l’uomo “pensa ciò che è naturalmente
incline a pensare e dunque non sbaglia mai e ha sempre e comunque
ragione”.
Difatti sembra di leggere del caos che c’è nella mente umana, comunque
orientata. Gnostici che si affrettano alla salvezza per via di
Conoscenza, solo che si va a tentoni e la strada mai è quella giusta,
con esercizi che sono brandelli delle pratiche spirituali delle sette
filosofiche antiche, prima la stoica, e magari delle vecchie scienze
sciamaniche. Gente che perde la Trebisonda in senso quasi letterale.
Storie di perdenti, di riluttanti, di eccentrici, strampalati, rifiuti
totali, scombinati che si danno sulla voce come i nostri politici.
E ci si denuda parecchio in questo minimo haereticarum fabularum
compendium, ci sono colossali bevute e orge, dèi a forma di asini,
autoevirazioni, tuniche di ferro, digiuni, coprofagie, sputi salvifici e
igiene scarsa. Detto così sembra un manicomio…
Il libro ci conduce attraverso drammatiche vie della fede, su sentieri
sbagliati anche volontariamente, intuizioni, teorie interessanti o
bislacche. Mille anni in preda a una furiosa pazzia, sempre tallonati
dai padri della chiesa e dai concili arrancanti per un po’ di pace nei
punti fermi ecumenici, nei dogmi inamovibili. È il loro ruolo del resto,
quello di appuntare spilli al vento, in quanto godono
dell’infallibilità dello Spirito Santo in persona. E alla fine si scopre
che uno dei peggiori eretici della storia è ancora oggi assai venerato
dagli ortodossi.
Un racconto sulla confusione in fin dei conti, e su quella convinzione
basata su un bell’accumulo di niente, la maledizione di un ordine che
c’è prima e presiede a tutto, del quale hanno profittato e profittano le
ortodossie d’ogni genere e specie. Nonché la dimostrazione appartata di
quanto fosse ricco l’albero della prosa, prima che ne avvelenassero le
radici con il diktat, l’ortodossia feroce della drammatizzazione del
Reale, l’idolo di turno.