Recensioni / Luigi Malerba e il pensiero gallinaceo

Nel '700 Lessing, codificando le regole per la scrittura di una buona favola esopica, suggeriva di usare gli animali perché favoriscono la brevità e la speditezza della narrazione. Basta dire lupo, agnello, gallo, volpe, cornacchia per capire con che tipo psicologico abbiamo a che fare, qual è il suo carattere saliente: astuzia, vanità, umiltà, crudeltà. Così, senza troppi preamboli, si procede spediti verso la morale. E la gallina? «La gallina non è un animale intelligente», cantavano Cochi e Renato. E Cervelli di gallina è il titolo di un libro famoso di Giorgio Vallortigara. È chiaro qual è il tratto che ci colpisce. In realtà c'è ben poco di esopico nelle deliziose storielle di poche righe dedicate da Luigi Malerba a Le galline pensierose, ora ripubblicate da Quodlibet  con 9 pezzi inediti che si aggiungono ai 146 precedenti. Somigliano più a limerick o a storielle zen, come osservò Italo Calvino.
Ma il libro è efficace proprio perché è un'infinita, ossessiva, variazione basata su quella regola esopica. Il personaggio gallina non può essere che stupido. Questo è un punto fermo. Dunque è una pensosissima, filosofica, stupidità quella in cui, senza bisogno di preamboli, ci si trova subito immersi.
«Per Malerba scriveva Calvino osservare le galline vuol dire esplorare l'animo umano nei suoi inesauribili aspetti gallinacei».
Gli effetti sono esilaranti, i nonsense sempre in agguato, confinanti con una logica strampalata proprio perché apparentemente rigorosa. Queste galline riflettono, parlano, si informano, osservano l'uomo e gli altri animali, prendono spunto da osservazioni storiche, archeologiche, artistiche.
Fanno deduzioni, anche di tipo matematico: «"Una gallina moltiplicata per una gallina fa una gallina: prima erano due e adesso ne è rimasta una sola. E l'altra dove è andata a finire?". La gallina decise di non lasciarsi mai moltiplicare perché, a forza di moltiplicazioni, c'era il rischio che il pollaio restasse vuoto». Anche il teorema di Pitagora entra a far parte del «patrimonio culturale
del pollaio»: «La gallina disegnata sulla ipotenusa di un triangolo rettangolo equivale alla somma delle galline disegnate sui due cateti». Tutte le galline sotto sotto si sentono un po' filosofe. «"Per diventare filosofa", diceva una vecchia gallina che credeva di essere molto saggia, "non importa pensare a qualcosa, basta pensare anche a niente"». E non è l'unica gallina a spingersi verso lidi orientaleggianti. Ma potente è anche la spinta tautologica del pensiero gallinaceo: «Una gallina pensierosa si metteva in un angolo del pollaio e si grattava la testa
con la zampa. A forza di grattarsi diventò calva. Un giorno una compagna le si avvicinò e le domandò cosa la preoccupasse. "La calvizie", rispose la gallina pensierosa». E l'autoreferenzialità può facilmente somigliare alla protervia: «Una gallina gallinologa dopo avere studiato molto il problema disse che le galline non erano animali e non erano nemmeno uccelli. "E allora che cosa sono?" domandarono le compagne. "Le galline sono galline", disse la gallina gallinologa, e se ne andò via impettita».