Recensioni / Maestri di finzione: si può parlare di letteratura

Attraversare la storia della letteratura contemporanea leggendo le parole degli scrittori che ne hanno fatto (e ne fanno) parte è forse il modo migliore per orientarsi e capire meglio il mondo in cui viviamo. Le interviste di Francesca Borrelli raccolte in Maestri di finzione (Quodlibet, 2014), sono numerosissime e tutte (ad eccezione di Anna Maria Ortese) ad autori stranieri.

Davanti ad un'opera così ampia (oltre 40 interviste) ci si potrebbe chiedere il senso o avere dubbi sulla possibilità di perdersi; in questo caso non succede e anzi si ha la netta sensazione di riuscire a comprendere le intenzioni della raccolta anche grazie alle brevi e preziose introduzioni attraverso le quali è possibile orientarsi, nel caso in cui non si conoscano gli autori intervistati, nelle trame dei singoli libri sviscerati di lì a poco.

Il percorso, infatti, sembra tracciato nettamente dalla Borrelli che attraverso le sue domande mantiene l'attenzione sui libri e contemporaneamente riesce ad allargare la visione del singolo scrittore sul suo stile personale e sul mondo che lo circonda. Leggendo Maestri di finzione, principalmente, però, emergono tre grandi filoni: in una prima parte, quella degli autori più anziani, affiora con forza, più di ogni altro aspetto, il loro esser vicini agli ultimi. Molti di loro raccontano chi è rimasto fuori dalla società, chi non ha avuto la possibilità di entrarci o chi ne è uscito volontariamente; questa attenzione per gli ultimi andando avanti con l'età degli autori (verso i più giovani) si perde e le risposte degli scrittori (e quindi ovviamente anche le domande), vertono più sulla narrazione, sulle tecniche di scrittura, sulla scelta dell'autore d'esser fuori o dentro il libro con una voce narrante, sull'autonomia dei personaggi d'esser sotto controllo o di poter modificare loro stessi la storia, dando vita ad esiti imprevisti durante la scrittura. Nell'ultima parte, invece, si può notare, nelle interviste agli scrittori più giovani, il desiderio di un ritorno al racconto della realtà. Si denota una volontà d'esser capaci di approssimarsi alla verità del mondo attraverso le parole e le storie con un abbandono momentaneo del dibattito post-moderno (nonostante tra gli intervistati vi siano esponenti di spicco del post-moderno) in funzione di una attenzione maggiore nei confronti del cosa raccontare.

Emerge poco in tutte le interviste, invece, la biografia: il necessario per poter comprendere la stesura del romanzo a cui è dedicata l'intervista o per comprendere meglio il punto di vista espresso nel libro. Nello stesso modo, al contrario, è costante l'attenzione al rapporto dei libri con il mondo circostante, sia nella loro gestazione (come il mondo ha influenzato la stesura), sia nell'impatto che i singoli libri possono avere sulle persone dopo la loro stampa e lettura.

Questo testo si può considerare una narrazione della vita culturale mondiale raccontata attraverso le scelte stilistiche e filosofiche di un ampio numero di scrittori. Troviamo interviste a molti premi nobel come Kenzaburō Ōe a José Saramago a Günter Grass a Derek Walcott a Orhan Pamuk o ad autori di assoluto rilievo internazionale come Susan Sontag, Agota Kristof, Abraham B. Yehoshua e Don De Lillo, che offrono al lettore non solo un'ampia possibilità di confrontarsi con il modo di affrontare la letteratura, ma anche il piacere della scoperta di nuovi testi da leggere.

Sono particolarmente interessanti le sei interviste a Don De Lillo e quella ad Agota Kristof, scrittori che non amano apparire sui giornali e che in realtà hanno donato alla letteratura contemporanea alcune tra le migliori pagine. Don De Lillo in particolare, occupando una posizione centrale nel volume (non solo fisicamente, ma anche concettualmente) diventa un vero e proprio punto di riferimento con il quale molti degli autori intervistati e i lettori devono confrontarsi. Le sue interviste aprono enormi spazi di interesse oltre che per le sue opere, anche per la letteratura stessa come elemento fondamentale nella società contemporanea.
Maestri di finzione è sicuramente un testo ampio e con moltissime facce diverse, potremmo dire una per ogni autore intervistato, ma con una maschera unica che è quella dell'autrice che non lascia mai procedere le interviste autonomamente, ma, al pari degli autori che hanno sotto controllo la trama e la vita dei personaggi, riesce a mantenere la narrazione sempre sul doppio piano delle storie e del pensiero nascosto dietro ogni singola frase scritta.