Peter Eisenman
Giuseppe Terragni. Transformazioni Decomposizioni Critiche
Quodlibet, Macerata 2004
È lo stesso autore a dichiarare nell'introduzione che: "Il presente libro è opera di due architetti. Nessuno dei due può essere considerato uno storico o un critico dell'architettura. Il lavoro di entrambi va visto come un tentativo di spostare le proprie rispettive architetture da specifiche condizioni storiche". E in questa dichiarazione sono evidenti i pregi e i limiti del volume che Eisenman dedica non tanto - o non solo - alla Casa del Fascio (1932-36) e alla Casa Giuliani Frigerio (1939-40), realizzate a Corno da Terragni, ma soprattutto, anche se materialmente assenti, alla proprie esperienze progettuali: quasi un'autobiografia.
La ricerca che prende corpo in questo libro ha origini lontane. Sicuramente fu determinante l'incontro di Eisenman con Colin Rowe e il successivo trasferimento in Inghilterra, dove nel 1962 l’architetto americano conseguiva a Cambridge il Master of Art. L'interesse e la capacità di analizzare le opere architettoniche con gli strumenti propri della disciplina - il disegno, il confronto formale - spingono Eisenman ben oltre l'insegnamento di Rowe, fino ad arrivare a una lettura "linguistica" dell'architettura che, rompendo il legame tra etica, politica e linguaggio, scardina il principale canone di legittimazione del cosiddetto "movimento moderno".
Proprio per questo i suoi primi studi su Terragni - Dall'oggetto alla relazionalità: la Casa del Fascio di Terragni in "Casabella" (344, 1970), From Object to Relationship Il: Giuseppe Terragni's Casa Giuliani Frigerio in "Perspecta" (13-14, 1971) - inauguravano una nuova stagione di studi sull'opera di Terragni. E infatti attraggono l'interesse di Manfredo Tafuri, che scrive un'introduzione a un libro su Terragni che Eisenman stava preparando e che avrebbe dovuto pubblicare per Mit Press nel 1979. Ma il volume non comparve e l'anticipazione dello scritto di Tafuri, Giuseppe Terragni: Subject and "Mask", pubblicato in "Oppositions" (Il, 1977) - e in italiano come Il soggetto e la maschera. Un'introduzione a Terragni in "Lotus" (20, 1978) - rimase l'unica parte compiuta di quel progetto. Almeno fino a oggi: quel libro mai uscito, né nel 1979 né negli anni seguenti, è proprio quello pubblicato ora da Eisenman.
Il lavoro di Eisenman cerca di evidenziare le strutture formali sottese alle architetture di Terragni e di riflesso, alle proprie. Si tratta, secondo l'autore, di strutture non immediatamente evidenti - percepibili appunto seguendo un processo di transformations décompositions critiques - e per questo astratte, o non oggettuali. Attraverso un'accurata analisi dei due "testi critici", la Casa del Fascio e la Casa Giuliani Frigerio, Eisenman propone una serie di paragoni fra le loro modalità compositive, che mostrano elementi comuni e a volte contrastanti: l'analisi formale ha quindi delle ripercussioni utilizzabili in altre considerazioni o analisi di carattere più specificamente storico, e anche da ciò si spiega l'interesse di Tafuri negli anni Settanta.
Ma se si riconsidera oggi il valore di questo testo rispetto agli studi su Terragni, allora risulta evidente il fatto che fra il concepimento del testo e la sua pubblicazione sono passati quasi venticinque anni. Quelle che all'epoca erano nuove, e in qualche modo fruttuose ipotesi di lettura dell' opera di Terragni, appaiono oggi meno fragranti, e riflettono un carattere di autobiografica celebrazione. Insomma il libro di Eisenman si muove su due differenti piani, e quello autobiografico, per definirlo così, risulta oggi più convincente rispetto a quello, documentario sul lavoro di Terragni. È difficile capire se l'approccio metodologico dell'architetto americano possa attualmente produrre dei risultati in qualche modo suscettibili di un riscontro sulla ricerca storica. Forse il lavoro su Andrea Palladio, che Eisenman sta conducendo attualmente, fornirà ulteriori occasioni di discussione su questo tema.