"Una gallina medievale aveva deciso di vendere l'anima al diavolo",
racconta Luigi Malerba. Trovato Belzebù "in un orto che rubava il
sedano", gli offrì l'anima in cambio di "una manciata di orzo". Ma il
diavolo "le fece una risata sul becco". E così "la gallina medievale
scoprì di non avere l'anima".
Il racconto brevissimo è una forma che si sta affermando sempre di più, e
Malerba era un maestro. Pochi tocchi, una bozza di trama, linguaggio
concreto, spirito leggero: una scuola di scrittura semplice e
aggraziata. Questa terza edizione del suo libro aggiunge altre nove
belle storie recentemente scoperte alle 146 già pubblicate. Nessuna
delle storie nuove, bisogna dire, è particolarmente esilarante. Se la
forma letteraria è molto attuale, la sostanza, però, si rivela
curiosamente antiquata. La gallina pensierosa di Malerba è un po asino,
un po' oca, un po' zucca. Somiglia tanto anche alla specie umana nel suo
lato debole. È un essere frivolo, vanitoso, timoroso, sciocco: lo
stereotipo della gallina nell'immaginazione collettiva di una volta.
Oggi (la notizia è recente) scopriamo che le galline sono assai
intelligenti. Forse lo stesso epiteto "gallina", retaggio di un mondo
rurale scomparso, inesorabilmente al femminile, non è più efficace per
disegnare la debolezza umana.