Recensioni / Nel bassomondo dei ladri s'aggira Ermanno il solitario

«In alto c'è sempre posto», diceva Daniel Webster, l'uomo politico americano che, nell'800, fece crescere la potenza degli armatori del New England. E la stessa battuta, salvo una falla nella mia memoria, la pronuncia Bette Davis in Eva contro Eva, film di culto di Mankiewicz. Ermanno Cavazzoni, scrittore (II poema dei lunatici, che ispirò a Fellini La voce della luna e Le tentazioni di Girolamo), già docente di poetica e retorica all'Alma Mater e a Zurigo, ci ricorda adesso che di posto, e molto, moltissimo, ce n'è anche in basso. «Precisamente nel bassomondo», dice alla vigilia della presentazione ore 18, alla libreria Ambasciatori del suo romanzo La valle dei ladri, edito da Quodlibet.

Ma questo bassomondo che cos'è? E dov'è?
«E' il nostro mondo, quando si è di un umore un po' cupo, un po' buio. O quando si ha l'impressione di vivere in un mondo chiuso, persecutorio».

E chi ci vive?
«Principalmente Paolo, il protagonista, quello che parla in prima persona, e poi Mastronardi, Alix Farulli, e Bonanno che ha una gamba più pesante dell'altra, il resto del gruppo. Nonostante abbiano passato vent'anni, se ne vanno in giro a rompere i vetri delle finestre o a tirare sassi a caso o a svellere pali e cartelli, a cercare una ragazza. Teppismo allo stato di natura».

Quando uscì per la prima volta da Einaudo, nel '99, il libo si chiamava 'Cirenaica'? Perché ha deciso di ripubblicarlo cambiando il titolo?
«Einaudi, l'editore originario, non se ne occupava più, il libro era sparito. Mi sono immaginato poi che alla stazione di Milano, fra i binari dove dormono i senza casa e i senza lavoro, sia stato ritrovato un manoscritto intitolato appunto la 'valle dei ladri'. Nessuno lo ha reclamato, ma se c'è un autore che vi si riconosce, può farsi avanti. Cirenaica, invece, lo sentivo sempre ripetere da un mio zio che aveva fatto la guerra d'Africa. La Cirenaica divenne il racconto di un'epoca meravigliosa, di un mito».

E come si vive nel bassomondo?
«Ah, c'è tutto, agenzie di viaggio, cinema, stazione, treni, lotterie, tante mete per i turisti che arrivano in massa, e poi insegne, parenti, amici, belle fanciulle come Annamaria, quella che piace a Paolo. Solo che tutto è falso un regno di truffe, imbroglioni, scioperati, donnacce. E' una condizione esistenziale, in fondo. Forse anche nel mestiere di scrittore c'è qualche cosa di truffaldino».

Meglio andarsene da là...
«Qui non vorrei svelare troppo della parte finale del romanzo. Man mano nel bassomondo manca l'elettricità, l'energia. Paolo riesce ad agguantare una corriera per scappare, ma da sbalestrato qual è si ritrova da tutt'altra parte. Non proprio in Cirenaica».

Risultato?
«Dovrei citare Platone, il libro X della 'Repubblica', l'aldilà platonico viene prima della vita, non dopo come il cristianesimo. Il via io di Paolo è come trasferirsi da un aldilà alla vita vera. Quella che uno crede regolare e senza ladri. E sottolineo crede».

Stiamo dando l'idea di un romanzo greve, angosciante?
«Penso proprio di no. Non sarebbe nel mio stile, del resto. Le truffe che si consumano qui sono alla buona, all'italiana, spesso alla Totò. E c'è un effetto comico, come se la nostra vita fosse una frenetica successione
di gag, dalla nascita alla morte».

E' puro Cavazzoni, tutto questo. Surreale. Grottesco. Ed è anche l'anteprima del libretto che egli pubblicherà a gennaio da Guanda, con i suoi testi giornalistici. Si chiamerà Il pensatore solitario. Nomina sunt consequentia hominum. I nomi corrispondono agli uomini, se si può correggere il detto latino.