Così Alexander von Humboldt creò l'avventura moderna a colpi di scienza.
Una favolosa isola che a volte si vede e a volte scompare nell'orizzonte. Un uomo che accudendo il figlio neonato mentre la madre è malata inizia a produrre dalle mammelle latte per nutrirlo. Un popolo indigeno che per scarnificare i corpi dei morti prima di seppellirli li dà in pasto ai piranha. Un altro che per due mesi ogni anno si nutre esclusivamente di terra. La tribù dei Caraibi in cui gli uomini parlavano una lingua e le donne un'altra. Il vecchio pappagallo, ultimo a parlare la lingua di un'etnia ormai estinta. I cannibali cristianizzati che in confessione assicuravano di aver compreso il male di mangiare carne umana ma chiedevano il tempo per disabituarsene poco a poco: «Vogliono poter mangiare carne umana una volta al mese, poi ogni tre mesi, fino a quando non perderanno l'abitudine»…
Va ricordato che questo Viaggio alle regioni equinoziali del Nuovo Continente fatto negli anni 1799, 1800, 1801, 1802, 1803 e 1804 da Alexander von Humboldt e Aimé Bonpland. Relazione storica ora pubblicato da Quodlibet/Humboldt (pp. 266, euro 23,50) è solo un'antologia, a cura di Francesco Farinelli. Non c'è dunque il villaggio in cui i serpenti durante la notte si arrampicavano sui tetti delle case per mangiare i pipistrelli e cadevano nel letto. Né i viaggi al centro del fiume per evitare le frecce avvelenate. I ponti sospesi sugli strapiombi. Le razzie dei bandoleros... Ma quel che c'è già basta a dare un'idea.
Avete presente Indiana Jones? Avete presente quei libri di Emilio Salgari e Jules Veme, dove ogni tanto l'avventura più vorticosa si interrompe perché un personaggio o lo scrittore stesso devono dare una spiegazione su un particolare fenomeno, paesaggio o popolazione? Ecco: vengono da lui. Zoologo, botanico, esploratore, geologo, geografo, astronomo, politologo, sociologo, storico, antropologo, diplomatico, persino precursore di Internet per il suo grande progetto di una rete intercontinentale di sapienti tra di loro in corrispondenza, Humboldt è anche il creatore dell'avventura moderna.
Tutto è misurato e analizzato, ma la scienza che spiega non uccide affatto la meraviglia, ma anzi la esalta. Appunto, alla Jules Verne. «Fin dalla mia prima giovinezza ho provato un ardente desiderio di viaggiare in terre lontane e inesplorate», raccontava Humboldt. Di famiglia aristiocratica (Federico Guglielmo II fu il suo padrino di battesimo), Alexander aveva 27 anni quando nel 1796 la morte della madre gli lasciò la cospicua eredità che gli avrebbe permesso di realizzare i suoi sogni, e decise dunque di dimettersi da sovrintendente minerario per organizzare il viaggio. Ne aveva 30 quando riuscì infine a lasciare l'Europa napoleonica per l'America spagnola: suo compagno di viaggio il francese Bonpland, valente botanico e forse anche suo amante. E a 35 anni ritornò, avendo annotato tutto ciò che gli capitava e usato oltre un terzo delle sue fortune. Il resto lo spese nel cercare di pubblicare questo monumentale resoconto, rimasto incompiuto al 23esimo volume. A quel punto fu costretto a accettare una pensione del governo prussiano, e poi a 60 anni ridivenne esploratore in Asia per conto dello zar.