Carlos D'Ercole, autore del libro Vita sconnessa di Enzo Cucchi, strinse
amicizia con il pittore della Transavanguardìa, per il quale già aveva
stima e ammirazione, una decina di anni fa in un ristorante romano: Cucchi, angosciato per l'atmosfera ingessata che
saturava il locale e, per di più, costretto a non fumare per il divieto
in vigore nei luoghi pubblici, prendendo spunto dal nome del suo
interlocutore iniziò a conversare entusiasta sul pugile Carlos Monzòn,
inaugurando una magica complicità.
Negli anni a seguire i due artisti si sono incrociati tante volte nel
centro di Roma e questo episodico frequentarsi ha fatto crescere in
Carlos D'Ercole curiosità e interesse per l'artista stralunato, dalla magrezza nervosa. Da questi incontri, a poco a poco,
l'idea di questo libro, un'indagine plurale sull'identità di un pittore
singolare, costruita con le interviste-testimonianze di artisti come Luigi Ontani e Milton Manetas, di Francesco Clemente e
Mimmo Palladino, ma anche di galleristi della prima ora come Emilio
Mazzoli, Paul Maenz, Bernd Kluser. E così, nelle pagine, il personaggio e
l'opera finiscono fatalmente per somigliarsi.
Almeno dagli anni Ottanta, ci si è cominciati a domandare chi fosse Enzo
Cucchi, e come facesse a realizzare opere così uniche; ma anche come
fosse possibile armonizzare in un solo individuo le sue dichiarazioni
mirabili e le sue indifendibili provocazioni. Carlos D'Ercole riesce a
risolvere questi enigmi facendo sì parlare Enzo, ma soprattutto le
persone che gli sono state vicine, tanto umanamente quanto
professionalmente. Tra queste galleristi, artisti, amici, collaboratori,
che parlano per la prima volta del ruolo insostituibile che la
biografia di Enzo ha svoltoesvolge nello sviluppo del suo lavoro. Tra i
testimoni non ci sono critici e storici dell'arte, perché hanno già
detto molto sudi lui. E l'immagine che chiude il testo è dinamica,
affascinante, tutt'altro che esaustiva. Come Cucchi.