Dove sono i mille miliardi di tonnellate di Terra che mi appartengono?
Tanto, infatti, spetta a ciascuno dei 7 miliardi di individui che la
abitano in questa età dell'Antropocene, l'era in cui gli umani possono alterare l'universo. È un'era iniziata nel 1769, quando
James Watt brevettò il motore a scoppio. È passata una Rivoluzione
industriale, da allora, e non solo: oggi il tema è quello dell'estetica
energetica e dell'oltrepassamento dello spazio fisico, come mostra David
Belle nel film Banlieu 13. Ma se l'estetica del Modernismo ha
caratterizzato l'arte della Rivoluzione industriale, quale estetica
risponde oggi all'avvento dell'Antropocene digitale? Prova a fornire una
risposta, sulla base delle sue esperienze professionali, l'architetto e
designer Italo Rota in un libro illustrato e scintillante sin dalla
copertina: Una storia elettrica (Quodlibet, pp.268, euro 25). Il titolo è
un omaggio alle Poesie elettriche di Corrado Govoni e le riflessioni di
Rota che incrociano teoria, spunti e dati paiono muoversi da alcuni
presupposti. Evitando funzionalismo ingenuo e retorica ecologica,
l'universo dell'estetica elettrica appare caratterizzato dal nesso
(adontiano) di inscindibilità tra forma e funzione, da un globalismo che
estende i miti di fondazione e da un nuovo lessico fatto di termini
come bigness, extreme-beauty, «residuo».
Della dialettica alla quale la rivoluzione elettrica e digitale ci pone
innanzi, Rota coglie gli aspetti liberatori: sforzo di produrre energia
pulita, 2.0 come opportunità di lavorare insieme nel mondo, megalopoli quali motori di nuove organizzazioni sociali e
oggetti prodotti che mostrano quella capacità di interazione auspicata
sin da Michelangelo quando chiese al suo Mosé: «Perché non parli?». I
nuovi simboli di questo mondo sono i Model Lab, le centrali di
regolazione mediante pompaggio idrico, il riuso dei parchi, i vivai e
altre realtà progettate da Rota negli ultimi anni. Una ventata di
speranza che non fa male, quella di Rota, che ha indossato i panni del
Pangloss di Voltaire per sostenere che «tutto ciò che esiste ha una
ragione di esistere». L'Antropocene è un El Dorado di micromacchine e
atolli dove piazzare il pc: basta pensare (e progettare) positivo.