Recensioni / Ricci nel mondo degli ultimi seguendo le tracce dell'orso

La nuova graphic novel dell’autore bolognese che insegna al Dams di Gorizia parte da una storia di animali per raccontare il nostro tempo ingarbugliato.
All’inizio c’è solo un’immagine. Una fotografia, forse anche un po' sgranata, trovata su un giornale locale a Gorizia. Mostra un orso che prova a spaventare gli osservatori ergendosi sulle zampe posteriori in tutta la sua mole. Ma le zampe anteriori sono abbassate, quasi in segno di resa. Gli occhi inquieti, come se capisse che, questa volta, la forza non gli basterà a salvarsi la vita.
Parte da lì, da quello che era l’avamposto estremo dell’Europa sullo sconfinato mondo comunista dell’Est, la nuova graphic novel di Stefano Ricci. E lui, quel confine, che oggi non c’è più, l’ha visto da vicino. L’ha esplorato. Visto che il disegnatore di fumetti, bolognese di nascita che vive ad Amburgo, ha iniziato a insegnare al Dams di Gorizia nel 2003. Dopo aver realizzato opere importanti come "Dottori”, "Ostaggi nello spazio”, "Anita", "Depositonero" e aver realizzato, insieme a Giovanna Anceschi, una rivista davvero splendida come "Mano”.
In apparenza "La storia dell’orso", che Stefano Ricci ha pubblicato con Quodlibet (pagg. 432, euro 28), è una delle tante, tristi parabole del nostro tempo. Perché segue le tracce di un orso che si muove tra l’Italia, l’Austria e la Slovenia, inseguito dai cacciatori che lo vogliono uccidere. Non c'è spazio per lui in un mondo che chiude gli occhi davanti alla violenza degli uomini, ma non tollera il minimo errore da altri esseri viventi. Creature impaurite, intrappolate tra ragnatele di strade che restringono in maniera drammatica gli spazi verdi, case costruite come funghi velenosi in ogni dove, fabbriche, parcheggi, selve di tralicci, antenne, serpentoni che trasportano gas, petrolio.
Prima che gli uomini armati lo trovino, suille tracce dell’orso si materializza un ragazza. Lei lo porta in salvo, lo toglie dal pericolo. Anche grazie a un amico che sa ascoltare gli animali. E loro, per lui, parlano, si fanno capire.
In una storia dove i piani di lettura sono molteplici, Stefano Ricci sovrappone la storia dell’orso a quella di un ragazzo che svolge il servizio civile a bordo di un’ambulanza. Con Renzo, l’autista, percorre le strade degli Apennini e si trova a contatto con il lato dolente dell’esistenza umana. Scrivendo piccole lettere alla sua fidanzata, Stellina, lascia traccia di questo suo viaggio iniziatico che lo porta a confrontarsi con il lato oscuro della vita. Ricordi di un passato tragico, schegge di memoria di quando il Muro di Berlino era ancora li a segare in due l’Europa. Testimonianze di come, per gli ultimi, la situazione non sia mai cambiata. Neanche adesso che viviamo negli anni 2.0.
Con un disegno dove il bianco e nero sembra animarsi sulla carta, dando corpo alle emozioni, alle angosce, Stefano Ricci distilla una graphic novel vissuta in esterni, tra le strade e il bosco, straniante e bellissima. Dove i ricordi sono il metronomo del presente. Dove il destino di un animale braccato segna il tempo alla progressiva disumanizzazione del mondo. Perché la sua paura, il suo senso di straniamento davanti alla realtà, assomigliano maledettamente al nostro.