La coinvolgente e organizzata presa di posizione di Giberti propone la
possibilità di osservare l'architettura come una disciplina
specialistica del corpo, inteso nel ruolo di produttore di relazione tra
movimento e spazio, in una visione generale che la collega ad altre
strutture teoriche della ricerca moderna. Pensiamo, nel tentare questa
estensione di campo e riferendoci al panorama di studi ereditato dal
Novecento, alla lezione del teorico della danza Rudolf Laban, per il
quale lo spazio non è un ricettacolo vuoto da riempire con il movimento
umano, ma è creato da esso in tutte le sue fasi, dall'immobilità al
movimento.
Nel saggio di Giberti, come in ogni narrazione efficace,
progressivamente l'interesse per l'organizzazione degli strumenti di
analisi cede il passo alla definizione del soggetto della narrazione. In
questo incontro tra inclinazione soggettiva, determinante inclusioni e
scelte, e formulazione oggettiva, trasferibile e autonoma, emerge la
natura del lavoro, che è, in realtà e anche, un libro di racconti. Il
corpo, io-narrante e oggetto della narrazione, occupa e conforma a sé il
libro in una sorta di applicazione pratica di quanto premesso nella
definizione di campo della ricerca. Del resto, i presupposti sono
programmatici e la struttura di sostegno è resa esplicita fino dal
titolo, che promette la dissezione anatomica di alcuni organismi
architettonici al fine conoscitivo.
Ne nascono percorsi narrativi autonomi e chiari compiuti all'interno di
opere diversissime e tutte molto note, nel campo architettonico, ma
anche letterario e cinematografico.
Giberti si confronta con la vertigine straniante dell'attico Beistégui,
così come con le inquietudini post-moderne dei romanzi cyber-punk di
Willliam Gibson, con la Rotonda del Palladio, come con la Kunsthal di
Rotterdam, manifesto tridimensionale di OMA.
Il suo libro, per via della propria natura di raccolta di esplicite
considerazioni critiche (mirate su autentiche immagini-simbolo della
nostra epoca) incardinate su una struttura narrativa solida, interpreta e
rafforza il senso della collana In teoria, curata da
Alberto Bertagna e Sara Marini per Quodlibet.