La vita di un artista, in un libro poliedrico fatto di interviste. Un
intrico complesso e contraddittorio di amicizie, complicità, antipatie.
Svelate tutte d’un fiato, senza filtri. Ne abbiamo parlato con l’autore
Carlos D’Ercole, che, a contatto con personaggi come Emilio Mazzoli,
Francesco Clemente, Luigi Ontani, Miltos Manetas, Mimmo Paladino, si è
sentito quasi un regista dietro la macchina da presa…
Da quali ragioni nasce Vita sconnessa di Enzo Cucchi?
Volevo scrivere un libro su Cucchi non agiografico, in cui avessero voce
anche le dissenting opinions e non solo gli aficionados. Un libro
dialettico, in cui il conflitto fra le testimonianze si rivelasse una
ricchezza per il lettore.
E come l’hai strutturato?
Ho scelto l’intervista a diverse persone. La storia orale conserva una
freschezza, una genuinità che nessuna dotta monografia potrà mai
garantirti. Ho strutturato il testo in maniera polifonica, facendo
sentire la voce di tutti quelli che con Cucchi si sono trovati a
condividere un pezzo di strada, evitando il noto o quello che si può
leggere altrove. Trovavo più interessante parlare con quelle persone che
spesso non sono citate, o che lo sono solo marginalmente, quando si
parla del suo lavoro. E volevo imprimere al libro un ritmo quasi
cinematografico. Tradurre nella pagina scritta la velocità dei film di
Tarantino e montarlo in modo tale che il lettore potesse saltare da un
protagonista all’altro a suo piacimento.
Hai coinvolto una dozzina di persone, fra artisti, galleristi, curatori e
amici. Perché alle persone che hai coinvolto hai fatto frequentemente
le stesse domande?
Nel libro emerge una mia deformazione professionale [D’Ercole è
avvocato, N.d.R.]. Più che confessioni, le interviste a volte
assomigliano a vere e proprie “cross-examinations”. Ho cercato di
asciugare le risposte, ma senza mai censurare o sfumare la violenza
verbale di personaggi carismatici come Emilio Mazzoli, che non ha alcun
problema a sostenere che “Enzo è un bugiardo”. Volevo che emergesse la
verità, anche quando amara, come nel caso di Francesco Clemente, che
ammette che “tutti gli artisti soffrono di ingratitudine verso quelli
che sono stati dalla loro parte”.
Pur nella loro diversità, colpiscono molto anche le parole dei
galleristi e mercanti, come lo stesso Mazzoli, ma pure Paul Maenz e
Bernd Klüser…
Era fondamentale per me avere il loro contributo, perché, per motivi
molto differenti, hanno avuto una funzione fondamentale nella carriera
di Cucchi, o meglio, come eccepirebbe Clemente, nella sua vita. Un ruolo
che Enzo stesso definisce “germinale”, definizione a lui molto cara. Da
appassionato di cinema, nel caso di Maenz e Klüser mi sembra di aver
ripescato dall’oblio i John Travolta e i Bruce Willis dell’arte
contemporanea. Non ne parlava più nessuno, eppure nel caso di Klüser
siamo in presenza di un raffinato editore – prima ancora che di un
gallerista/mercante – di Beuys e Jünger.
Per certi aspetti poi, questo è un libro di amori e sfanculamenti.
È proprio così. Un po’ perché molte delle persone nei confronti di
Cucchi hanno sentimenti ambigui, un po’ perché forse è lui stesso a
mettere alle strette e mandare a quel paese anche persone che lo hanno
sostenuto. Era fondamentale che ciascuno raccontasse il suo rapporto con
Cucchi senza filtri, finzioni o autocensure. E alla fine ne è nato un
libro aperto, senza un finale. Qualcuno ha detto che assomiglia a una
partita a poker.
È pur vero poi che molte delle persone che intervisti non sono
giovanissime e non hanno in gran simpatia il politically correct del
mondo dell’arte dei nostri giorni in cui si parla bene di tutti.
È fondamentale avere la libertà di dire ciò che si pensa, e non ciò che è
più conveniente alla propria rendita di posizione. Io sono un outsider
nel mondo dell’arte, non ho interessi da difendere e necessità di
ammorbidire o aggiustare questa o quella dichiarazione. Anzi, un libro
scritto in questo modo delinea con ancora più precisione l’artista
Cucchi, avvicinandolo anche a un pubblico più trasversale, di non
addetti ai lavori. Peccato poi non avere messo in quarta di copertina la
frase cult di Vita Sconnessa: “Io ho rispetto solo per i pugili e le
puttane”.