Si rivaluti Enzo Cucchi. Non l'artista, inchiodato agli anni Ottanta
della Transavanguardia, figurazione che più datata non riesco a
immaginare, bensì l'uomo. In "Vita sconnessa di Enzo Cucchi" di Carlos
D'Ercole, pubblicato da Quodlibet, scopro che il pittore quasi maledetto
è invece un marchigiano molto sano: "Le donne non possono essere
artiste perché devono procreare"; "Le donne hanno il vero grande
privilegio di non essere artiste"; "All'artista manca una cosa che le
donne hanno, la capacità di procreare. Quindi non ci resta che fare gli
artisti". Sono pensieri sensati e non così misogini come sembreranno
agli ottusi: essere una buona madre è davvero un privilegio rispetto
all'essere una cattiva pittrice.
Oggi ci sono molte buone pittrici, è vero, ma è anche vero che
pochissime di loro sono madri. Siamo sotto la media dei già infimi tassi
di natalità delle altre donne sottoposte al bombardamento
anticoncezionale dell'istruzione universitaria. E' come se ci fosse una
speciale incompatibilità fra arte e gravidanza. E' come se davanti alle
accademie fosse scritto "Lasciate il vostro utero, voi che entrate". Le
parole di Cucchi fanno riflettere più dei suoi quadri: si rifletta,
dunque.