Recensioni / Stufato di assoluta qualità

La lettura delle opere di Manganelli è una straordinaria esperienza di piacere estetico. È divertente, nutriente, ogni volta sorprendente. Nella bella collezione Compagnia Extra dell'editore Quodlibet curata da Jean Talon e Ermanno Cavazzoni è ora riproposta Antologia privata che lo stesso Manganelli pubblicò per Rizzoli nel 1989. Opera di auto selezione che l'autore «norcino» e «trippaiolo» definisce «uno stufato, un timballo, un brodetto, uno stracotto, uno spezzatino». L'Antologia privata di Manganelli è composta di tre tipi di scritti: brani ricavati dai libri, da Hilarotragoedia (1964) a Improvvisi per macchina da scrivere (1989); i relativi risvolti di copertina; articoli pubblicati sulla stampa. È una sintesi magistrale della quantità e varietà di stili, di estri, di scritture che ne hanno distinto la fertile vena letteraria. Qui non posso che accennare alla felice abbondanza di questa antologia personale. Manganelli offre in primo luogo precise e originali interpretazioni di testi: basti citare l'Odissea e le Favole di Esopo, la Divina Commedia e Pinocchio, le Operette morali di Leopardi e Bestie di Tozzi.
Per ognuno di essi propone un'angolazione inedita, a volte molto semplice («sciocca»), come quando scrive che la prima lettura della Commedia dantesca dovrebbe essere «continuata», «tutta di fila», «dal primo verso dell'Inferno all'ultimo del Paradiso, senza soluzioni di continuità» e appunto senza l'appesantimento di apparati che aiutano ma che spesso tolgono proprio il primario godimento della lettura; «e capire quel che si può capire. Il resto verrà più tardi». O quando per Cristina Campo rigioca la categoria della «sprezzatura» resa celebre dal Cortigiano di Castiglione e che egli illustra da par suo: «incontro superbo di distrazione e maestria, di noncuranza e di esattezza, ma anche, squisitamente, di inesattezza, una altera, favolosa inesattezza, nobile e plebea, quotidiana e fatata».
Le opere di Manganelli sono caratterizzate dalla molteplice esuberanza delle forme, tutte creativamente vivificate dal culto della parola, dell'espressione insieme puntuale e allusiva. Ogni genere viene rispettato e reinventato, dal saggio alla favola, dal dialogo alla recensione. All'insegna, per lo più, di una esplosiva brevità, come quella che indica per «il corsivo», «minimo ma solido genere letterario», che egli apparenta alla ricchezza del sonetto e oppone alla «mole indigesta del poema». Ne segue un'efficace lezione, incentrata sulla «dura brevità»: «Non credete a chi vi assicura che lo scrittore deve lasciar la briglia sciolta alla propria ispirazione. [...] La fortuna inaudita, esibizionistica del sonetto è dovuta proprio al fatto che è rigorosamente carcerario, non ti lascia andare a spasso». Tanti gli autoritratti disseminati in più luoghi e, in modo lapidario, in quarta di copertina: «Egli era stato assai competente in fatto di cose che non esistono». Restiamo perciò in curiosa attesa del profilo che sta preparando Anna Longoni per l'editore Carocci.