Può un libro che sta per compiere un secolo essere in grado di dirci
ancora qualcosa di nuovo? Fornirci chiavi di lettura originali per
avvenimenti recenti? Sì, e lo dimostra chiaramente la riedizione de
L'arte decorativa di Le Corbusier. In libreria dal 5 maggio, viene
presentato da Quodlibet in occasione di un doppio anniversario:
pubblicato per la prima volta novant’anni fa, in occasione dell’Expo di
Parigi nel 1925, viene rieditato a 50 anni dalla scomparsa del suo
autore. Ne abbiamo parlato con Domitilla Dardi, curatrice per il MAXXI e
docente di Storia del design allo IED di Roma, che ha curato il volume.
Qual è la storia di questa pubblicazione?
È in assoluto la riedizione più fedele all’originale, di certo in Italia
e forse nel mondo. Il testo, elaborato nel 1924 e presentato l’anno
successivo durante l’esposizione che ha sancito cosa si intende per
Deco, è particolarmente interessante perché è il terzo volume della
trilogia di Le Corbusier. Dopo un libro dedicato all’architettura e uno
all’urbanistica, si è concentrato sul design. È un lavoro che anticipa
per certi versi Rem Koolhaas, in cui gli stati del progetto si
articolano in 3 misure: small, medium e large. Fino a comprendere gli
oggetti di uso quotidiano.
Come arriva l’autore a questa elaborazione?
Le Corbusier ha avuto una formazione tradizionale in Svizzera. Studiava
arte classica, disegnava casse di orologi: la sua educazione figurativa
era convenzionale. Ma è stato spinto a viaggiare moltissimo e da
giovane, mentre andava in giro per il mondo, ha avuto modo di assorbire
la cultura a lui contemporanea. E appassionarsi ai musei
etno-antropologici.
Da qui è venuto l’interesse di Le Corbusier per gli oggetti?
Ha capito che scimmiottare il passato non era l’unico sistema di fare le
cose, ma che esisteva un approccio nuovo, un modo razionale e pulito
per realizzare oggetti. Parliamo di una produzione industriale di tipo
fordista. Le Corbusier diceva di non amare gli oggetti dei salotti
borghesi, ma di preferire le sedie tecniche da dentista. Il vetro liscio
al posto dei cristalli lavorati, una semplice bombetta piuttosto che
cappelli piumati. Un pensiero rivoluzionario, che pone le basi per la
nascita del concetto di design anonimo. Non ha usato questa parola,
design, solo perché non la conosceva, non esisteva ancora.
Quali sono le influenze attuali di questo libro?
I nostri maestri lo conoscevano bene. Castiglioni, per esempio, ha preso
da queste pagine lo spunto per il suo tavolino Cumano. Rispetto
all’edizione italiana degli anni ’70, questa edizione presenta la
pionieristica forma grafica fedelmente riportata. Le immagini non
riguardavano per esempio solo oggetti d’uso, ma anche animali, piante,
foto ritagliate dalle riviste. Un metodo del collage che sarà poi
ripreso negli anni ’60 e ’70 dagli autori radicali. Le Corbusier è stato
un vero anticipatore in tutto: per questo è così importante tornare
alle origini di un testo fondamentale.