Recensioni / La famiglia? È relativa

Appena si comincia un libro di Maurizio Salabelle si è presi da una specie di stordimento, un ottundimento, e insieme si prova come un sussulto, perché si entra in un altro mondo dove vigono regole e principi psichici inafferrabili. Così è anche per "La famiglia che perse tempo" (Quodlibet, pp. 159, euro 14), il suo primo romanzo rimasto sin qui inedito. Salabelle sa creare atmosfere con piccoli tocchi: un paio di frasi e si ha la sensazione di essere dentro il racconto in compagnia della famiglia di Phatrizio Grendy, di sua sorella Maria Paola, di Federico, il fratello medico, del padre e della madre, e di non poterne più uscire. Vivono in un appartamento dove accadono strane cose: gli orologi viaggiano a velocità differenti, ci si ammala vedendo vecchi film, si ricevono visite di clinici, ci si perde e ci si ritrova lungo corridoi lunghissimi e insieme brevissimi. Salabelle predispone angoli dove vige la relatività generale di Einstein, tratti di strada dove domina la fisica quantistica. Lo spazio si dilata e si contrae, dando l'impressione di uno smarrimento continuo pur essendo tutto perfettamente realistico. Lo scrittore toscano, scomparso giovane nel 2003, rinnova quella letteratura che ha nel "Castello" di Kafka e in "Pinocchio" di Collodi i suoi esempi più celebri. Ossessivo sino al dettaglio, costruisce storie pastose e insieme porose che lasciano di stucco per coerenza e stile. La sua comicità è indefinibile e unica. Un libro imperdibile come gli altri meravigliosi romanzi che ha scritto: sarebbe buona cosa ristamparli per farli leggere a chi ancora non li conosce.