Recensioni / Un sapere che non sa

Il Gusto. Una categoria classica dell'estetica, che celebra il suo trionfo nel '700, quando viene chiamata in causa per definire il giudizio sul bello e sull'arte e, in generale, su quegli oggetti la cui
contemplazione genera piacere in chi osserva. Il Gusto. Una categoria che ha ancora tanto da rivelare al mondo contemporaneo. Per questo Giorgio Agamben col suo libretto intitolato Gusto compie un salto nel passato della filosofia, giungendo fino alle origini stesse dell'estetica un ambito che definisce «storicamente chiuso» -, per recuperare in modo critico le radici di un concetto cardinale per la cultura occidentale.
Il gusto è sempre stato pensato quale senso "inferiore" da opporre ai due sensi nobili e "teoretici" per eccellenza, la vista e l'udito; tuttavia, sin dall'antichità, la radice semantica della conoscenza, del sapere, si è voluta ricondurre a quella del sapore, appunto del gusto. V'è una segreta ricchezza in tale contaminazione. Come scrive Kant, nella formulazione del giudizio di
gusto non si arriva «per nulla alla conoscenza», ma solo al piacere. Il gusto è dunque figlio di un'antinomia: sappiamo che qualcosa ci piace, ma non sappiamo perché; esperiamo un dilettoso
non so che del quale non è possibile però offrire spiegazioni. Si tratta, allora, di un «sapere che non sa» e al contempo di un «piacere che conosce». Per questa particolare condizione, il gusto storicamente è stato sempre considerato inferiore rispetto alla conoscenza vera e propria, quella teoretica.
Com'è noto, è nel pensiero platonico che si generala frattura profonda e mai sanata tra conoscenza sensibile e conoscenza intellettuale: qui viene sancita una volta per tutte la distanza essenziale tra Bellezza e Verità. Ma, fa notare Agamben, per Platone Eros riesce a colmare questa distanza: l'amore, ovvero quel desiderio invincibile che tende sempre verso la bellezza della conoscenza, e che rende la sophia unaphilo-sophia. Il sapiente è colui che desidera assaporare la ricerca della conoscenza trovandovi una fonte di piacere. Il sapiente è Socrate, colui che sa di non sapere: egli sa che la conoscenza esatta del mondo è impossibile, così come impossibile è anche la comprensione perfetta della sua bellezza. Esiste un «altro sapere», un modo di conoscere differente, intermedio tra la scienza e il senso, in cui l'immaginazione è libera di intuire e interagire con la realtà, ridefinendo continuamente i contorni di ciò che è conoscibile. I sensi dicono troppo poco del mondo, l'intelligenza dice troppo. La cultura occidentale contemporanea ha puntato tutto su questa dicotomia, dando valore ora alla conoscenza puramente teorica ora a quella sensibile: «Non è sorprendente che l'uomo moderno riesca a padroneggiare sempre meno un sapere e un piacere che, in misura crescente, non gli partengono».