Studiare la contemporaneità è questione che riguarda forse il soggetto
che si dedica a questa indagine più che l'oggetto: è quanto appare fin
da subito evidente nel recentissimo e approfondito studio di Barbara
Ronchetti, Caleidoscopio russo Studi di letteratura contemporanea,
pubblicato dalla meritoria Quodlibet (nella serie «Studio», pp. 322, euro
24,00). Fra queste pagine, il carattere accademico della trattazione
prova a misurarsi con la soggettività di chi scrive e, in definitiva, ne
viene fuori un libro in qualche misura autobiografico, nel quale si
aspira a evidenziare la mutevolezza, la complessa e non univoca
articolazione delle conoscenze che uno studioso di cultura letteraria
deve sempre verificare in rapporto alla propria esperienza
intellettuale. Lo studio della contemporaneità si realizza, come recita
il capitolo introduttivo, Dentro il mutamento e allo stesso tempo si
confronta con l'alterità, con la diversa percezione che proviene dalla
autocoscienza russa, sviluppandosi in una forma quasi dialogica e
contrastiva con quel punto di vista. Un intero capitolo è dedicato alla
questione della letteratura autobiografica, sia in una prospettiva
teorica, sia in quella propriamente storico-descrittiva, e si concentra
sul dibattito contemporaneo che si è svolto in Russia sul genere
autobiografico e sui suoi tratti storico-tipologici, tra scrittura
privata, documento e fiction. L'autrice parte da un saggio poco noto
di'Osip Mandelstam, La fine del romanzo, datato 1922, nel quale il grande poeta ritiene che «il destino futuro
del romanzo non sarà altro che la storia polverizzata della biografia
come forma di esistenza personale». Da qui e dai tanti rimandi a critici
a pensatori occidentali sulle forme e i destini della narrazione (da
Michail Bachtin a Tzvetan Todorov, da Roland Barthes a Gérard Genette) e
dell'autobiografia (da Paul de Man a Karl 1. Weintraub a Philippe
Lejeune), Barbara Ronchetti si concentra poi su alcuni testi
esemplificativi dell'autobiografismo in ambito post-sovietico, a
cavalli° tra il XX e il XXI secolo. Alcuni testi di particolare rilievo
tipologico, tra cui Album di francobolli di Andrej Sergeev, Trapanazione del cranio. Storia di una malattia di Sergej Gandlevskij, o Alla ricerca dell'Io perduto
di Andrej Bitov vengono monitorati anche sulla base della tradizione
della scrittura autobiografica russa, quella esemplificata, per esempio,
da Sergej Aksakov, Aleksandr Herzen, Fedor Dostoevskij, fino a
Mandelstam e Aleksandr Solzenicyn, e sulla base della corrispondente
letteratura teorica (in primis gli scritti di Lidija Ginzburg),
testimoniando quanto sia complessa la definizione della specificità
dell'autobiografia nei confronti della narrativa d'immaginazione,
trovandosi spesso sull'impalpabile limite tra invenzione letteraria,
celato autobiografismo e artificio formale. Così, scrive Barbara
Ronchetti, «la discontinuità e la mutevolezza del presente, l'assenza di
un intervallo cronologico o spaziale di fronte a cose e fatti narrati,
la riconoscibilità dei fenomeni descritti, la partecipazione inevitabile
alle emozioni del tempo,
trasformano la realtà in un caleidoscopio» e lo stesso concetto di contemporaneità in letteratura si trasforma di conseguenza.
Ne discende una lunga e articolata disamina dei confini spaziali e
temporali della coscienza del presente russo, nel complesso rapporto tra
la memoria dell'autore e la individualità degli eroi, tra
la «natura plurale delle nostre identità» e le stratificazioni testuali,
toccando le metamorfosi di realtà narrativa e fattuale e i procedimenti
di raffigurazione artistica e riproduzione della contemporaneità.
L'autrice si fonda sii un affascinante percorso testuale che si parte da
Velimir Chlebnikov e Dmitrij Prigov, per investire molti dei più
significativi autori russi
contemporanei, da Viktor Pelevin a Michail da Ljudmila Ulickaja a
Vladimir Sorokin e Viktor Erofeev, e anche tanti altri nomi meno noti al
lettore italiano, che offrono una panoramica articolata e vivace della
contemporaneità letteraria russa, della sua specificità, delle sue
contraddizioni e delle diverse strategie di resa artistica.
La questione della ricezione delle immagini, e più specificamente del
rapporto tra immagine fotografica e memoria nella dimensione
spazio-temporale è poi all'origine del curioso capitolo di chiusura del
libro: Passeggiata fra due secoli. Qui l'autrice propone paesaggi,
volti, oggetti sparsi e pescati nella sua memoria di studiosa della
Russia, in un arco di tempo che va dal tramonto dell'epoca sovietica
allo scorso decennio. Sono «visioni in transito» che fanno quasi da
commento o da integrazione al mutevole ritratto della contemporaneità
tracciato nel libro. Immagini, come schegge, frammenti di un mondo che
esiste solo nella memoria, ma che sono parte integrante di quel concetto
di contemporaneità il cui non lineare movimento l'autrice ha cercato
convincentemente di descrivere, accostando lo sguardo al magico
strumento che grazie a un gioco di specchi sa trasformare i frammenti
colorati dell'immaginazione, della memoria e della coscienza, in sempre
nuove figure simmetricamente coerenti.