Recensioni / Il raffinato gioco di reinventare le parole

È appena stato ristampato da Quodlibet un piccolo gioiellino, l'Etimologiario di Maria Sebregondi (114 pagine, 12 euro). All'apparenza è un dizionarietto etimologico con una manciata di termini. Ma basta sfogliarlo per trovarsi in un mondo diverso, in una dimensione linguistica parallela. In questi casi, un esempio vale più di mille parole:

crepuscolo s. m. (dim. del s. f. «crepa») esile crepa del tempo tra il giorno e la notte. Una pausa sottile dove i colori si accendono, brevemente sottratti al dominio della luce o del buio.

La mia reazione è stata una sola: wow! E davvero sorprendente la sensibilità con cui Maria Sebregondi, già traduttrice di Duras e Queneau e inventrice dei moderni taccuini Moleskine, riesce a trovare strade nascoste all'interno delle parole. Come sappia prendere i termini di tutti i giorni e restituirceli nuovi, come un soprammobile appena spolverato che non ricordavamo fosse così luminoso. Ecco allora che l'orologio diventa uno «strumento che informa delle ritmiche fluttuazioni dell'oro» e che «ci viene assegnato fin dall'infanzia affinché precocemente apprendiamo che il tempo è denaro». La scarpa diventa una "carpa" con una "s-" privativa davanti: «oggetto sovente pescato al posto di una carpa». E l'ufficio si trasforma nel derivato dell'interiezione "uff": «il doveroso luogo preposto allo sbotto individuale e/o collettivo».
Impossibile non innamorarsi di questo libello, non tenerlo con sé e aprirlo a caso, nelle pause della giornata. Se poi vogliamo fare un passo in più, allora, pur essendo un gioco, questo Etimologiario è anche l'insegnamento di come la lingua non sia mai qualcosa di tondo e solido: è sempre possibile plasmarla, reinventarla, vestirsela addosso. Ed è sempre possibile trovare delle zone d'ombra inesplorate in cui spingersi per avventura intellettuale.