Recensioni / Districarsi nella modernità. Ecco le istruzioni per l'uso

Nel libro "Senza trauma" (Quodlibet, 2011) lei sostiene che viviamo in un'epoca in cui le occasioni di trauma mancano e allora gli scrittori italiani li immaginano, è così? «Quel libro rielabora l'esperienza di un autore che ha avuto la sua educazione sentimentale negli anni Ottanta del secolo scorso. Erano anni di ingannevole – oggi lo sappiamo – prosperità, almeno quanto alla rappresentazione che davano di sé, tutta incentrata sull'egemonia culturale dei privilegiati e sul miraggio che i privilegi potessero miracolosamente "sgocciolare" sui ceti subalterni. Credo che molti autori si siano dedicati alla ricerca di traumi immaginari – delitti, complotti, apocalissi, abiezioni per bucare la coltre di rappresentazioni sociali pacificate e opulente che soffocava il loro immaginario. A una realtà su cui sembra esserci poco da dire, se non la si affronta nella sua brutale insignificanza di vita interamente asservita alla riproduzione mercantile, si contrappone una sorta di "nocciolo oscuro del reale", paralizzante perché terrificante, che giustifica la mancata presa sugli eventi da cui ci si sente affetti. Poi si è visto che la vera testa di Medusa non erano i complotti ma il mercato. La crisi attuale apre tutto un altro scenario, e da questo punto di vista "Senza trauma" è un libro retrospettivo che guarda al passato». […]