Recensioni / Le Corbusier e l'arte decorativa

Edito per la prima volta nel 1925, L’Art Décoratif d’Aujourd’hui fa parte, insieme con Vers une Architecture e Urbanisme, della trilogia di testi degli anni Venti che costituisce la base del pensiero di Le Corbusier. Quodlibet, all’interno della sua fornita collana di testi teorici di architettura, lo ripubblica ora in italiano, con un’introduzione di Domitilla Dardi, studiosa e storica del design, nell’edizione rivista e ampliata dall’autore nel 1959. Nel volume, composto principalmente da articoli già apparsi nel 1924 nella rivista L’Esprit Nouveau, l’architetto anticipa le idee che guidano la nuova concezione degli arredi interni del parallelepipedo “puro”, il padiglione dedicato all’Esprit Nouveau da lui costruito per l’Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes di Parigi del 1925.
Il termine “arte decorativa” viene però utilizzato come un paradosso. Nel libro Le Corbusier parla infatti degli oggetti d’uso e arredamento – definiti “attrezzature domestiche” – sottolineando come in questo settore si stiano affermando utensili di produzione industriale e  mobili-tipo funzionali e privi di decorazioni. Sono questi gli oggetti necessari che rispondono ai nostri bisogni, che ricercano la “scala umana” e la “funzione umana” e non appartengono all’ambito artistico. Si schiera apertamente contro gli stili e i movimenti storicisti del tempo, preannunciando l’arrivo disastroso dell’art decó, che nascerà appunto con l’Expo. In questo senso, affronta in maniera polemica i temi del dibattito che si svilupperà nel XX secolo attorno alla creazione artistica, l’industrializzazione e la distinzione tra arti minori e arti maggiori e le sue parole riecheggiano temi già formulati dal movimento purista con gli object-type, ancora prima da Loos e poi ripresi dal Werkbund tedesco, durante le controversie tra Henry Van de Velde e Hermann Muthesius.
L’arredo e gli oggetti non sono però gli unici protagonisti; è l’architettura stessa a essere il tema di sintesi delle tante idee che scorrono nel testo, proprio perchè l’arte decorativa risulta essere intimamente legata all’arte di abitare e di vivere. Nella prefazione, scritta in occasione della seconda edizione del 1959, Le Corbusier spiega che il Padiglione dell’Esprit Nouveau, allestito per l’occasione con mobili, oggetti industriali, sculture e quadri insieme alla presentazione dei piani urbanistici di Parigi, unisce “indissolubilmente le attrezzature domestiche (arredamento) con l’architettura (abitazione, alloggio) e l’urbanistica (condizioni di vita di una società)”. Aggiunge, poi, che in alcuni anni della sua vita ha dovuto compiere un percorso di riflessione e ricerca prima di individuare e trovare le risposte alla “domanda che egli si chiedeva senza tregua”: “dov’è l’architettura?”. E nel capitolo “Confessione”, che chiude il libro e dà senso ai 13 capitoli precedenti, descrive questo percorso. Individua gli elementi e i tratti fondamentali negli anni della sua formazione a La Chaux-de-Fonds, poi in Germania e durante il viaggio in Oriente, che lo portano alla scoperta dell’architettura come “il sistema coerente dello spirito” che “non ha niente a che vedere con la decorazione” e crea le basi per gli aspetti innovativi del suo pensiero e la nascita di uno “spirito nuovo”.
Anche con l’obiettivo di rendere più incisiva la comunicazione delle sue idee un’attenzione particolare riserva poi alla struttura compositiva del testo, in particolare l’impaginazione di testo e figure che, simile a Vers une Architecture, tende a presentare il libro come oggetto d’arte totale. Le figure creano così continue risonanze, allusioni e richiami alle questioni e allo stato della critica dell’epoca e spesso si legano a quelle delle avanguardie artistiche: il bidet, che apre il tema sui musei, ricorda l’opera Fontaine di Marcel Duchamp del 1917; la pipa della prima pagina del capitolo sul folclore riprende temi del surrealismo e anticipa il quadro La trahison des images di Magritte del 1928; le composizioni di oggetti di vetro, inserite all’interno del discorso sull’arte decorativa, evocano alcune opere di Giorgio Morandi. Talvolta, le immagini prevalgono nettamente sul testo scritto, come accade in maniera evidente nel capitolo “Testimoni”, in cui 26 righe di parole sono accompagnate da 20 pagine di figure tratte dalla rivista Art et Décoration, creando una lunga pausa visiva nella narrazione generale. Fotografie e disegni di oggetti, macchine, interni, architetture, opere d’arte, si alternano poi a ritagli di giornale e pubblicità per comporre un sofisticato e sorprendente documento dal carattere evidente di manifesto.
Come segnala Domitilla Dardi, ristampare questo importante volume non ha dunque solo il significato di rendere fruibile un documento utile alla storiografia contemporanea, che nell’opera e negli scritti di Le Corbusier trova ancora oggi temi inesauribili e proficui di ricerca e approfondimento, ma è la forza dei suoi aforismi, delle riflessioni teoriche, e anche del suo montage, che mostra una contemporaneità inaspettata e interessante. Il testo, nato dalla volontà polemica di Le Corbusier di affermare una visione moderna degli oggetti della nostra quotidianità e dell’abitare, con il suo ricco repertorio d’immagini, forme ed esempi, costituisce oggi un vademecum prezioso ancor più a livello estetico, per i designer e la produzione industriale di utensili e oggetti d’arredo. L’espressione “arte decorativa”, che allude provocatoriamente al superamento nel presente di qualsiasi decorazione e alla democratizzazione e razionalizzazione dei prodotti, prefigura infatti in modo chiaro e maturo il nostro design contemporaneo.