Recensioni / Beppe Viola e le vite vere per quelli che l'amavano e quelli che non c'erano

Ripubblicato il volume del giornalista e scrittore scomparso nell'82: sport e non solo, con l'ironia di un grande.

A nome e per conto dei Senzaviola, giudico ottima l'idea di ripubblicare "Vite vere compresa la mia", a cominciare dalla copertina originale disegnata da Altan. Caldeggiato da OdB, non solo perché era milanista come Beppe, il libro uscì nel 1981. Beppe morì nel 1982. Ottima per tutti "quelli che". Quelli che non l'hanno letto perché non erano ancora nati, o troppo giovani. Quelli che non l'hanno letto perché veneravano Nicolò Carosio. Quelli che l'avevano letto, con dedica dell'autore, e poi prestato a uno che aveva detto "te lo rendo tra due settimane", mai più rivisto e chissà chi era quell'uno (è il mio caso). Quelli che né avevano rintracciato due copie, sulle bancarelle di piazza Cavour e di Porta Venezia (è ancora il mio caso). Quelli che hanno scoperto Beppe dopo che è morto, e sono tanti. Quelli che dicono: com'era bravo in tv. Era bravo anche nella scrittura: l'osservazione di una Milano minoritaria ma viva, che s'arrangiava come poteva, che parlava una lingua particolare: tic significa orologio, rebonza malloppo. Gran parte del libro è costituita dai racconti scritti per Linus con l'obiettivo di arrotondare le entrate, non di vincere lo Strega. Da giornalista sportivo, in Rai certe battute non poteva farle, quindi finivano nel repertorio di Cochi e Renato: «Quando vengono al mondo i figli dei ricchi parlano già quattro lingue, sono abbronzati e hanno le mèches». Della Rai poteva scrivere: «Chi è sempre pronto a dire di sì è giudicato Buon Patriota; chi si permette di discutere un Sovversivo; chi contesta colla presunzione di produrre un risultato migliore un Mascalzone». Alcune di queste storie gliele avevo sentite raccontare in tempo reale. Le due più grosse occasione di fare soldi (una ventina di milioni) gli erano arrivate dai pubblicitari. La prima per il Nano ghiacciato (qualcuno se lo ricorda?). Amanda Lear batte Beppe Viola al fotofinish. La seconda dai sottaceti Cirio. Beppe sorpassato da Ilona Staller. C'è molto sport in queste pagine, anche la storia di un calciatore del Milan che si porta a casa i panettoni di Natale destinati agli orfanelli (anonimo nel testo, ma chi ha lavorato al Marchettificio sa chi è) , e molte vite, in una Milano che stava uscendo dagli anni di piombo per diventare una città da bere e di cui Viola rappresentava la parte resistente, con ironia. Stilisticamente lo avvicino a due giornalisti sportivi-scrittori: Damon Runyon e Ring Lardner (che tanto piaceva al giovane Holden di Salinger, ma anche a Fitzgerald e Virginia Woolf). Esagero? Leggete "Martina è un bel nome" e se ne riparla.

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