Recensioni / Vite vere, come quella di Beppe Viola. Giornalista ovale a sua insaputa

Torna in libreria, con una versione aggiornata e arricchita, un volume che ci porta alla scoperta di un grande italiano.

“Rivera, Mazzola, Thoeni e Mennea, gente da 60 chili non di più, gente che se gli dai una sberla pirlano in giro per un quarto d’ora, se ne sono andati incastonati in benemerenze, rappresentanze, ovazioni, giubilei. Lui, sarà che è grande grosso (97 chili per 1,85), dopo 25 anni di botte, ha rimediato una medaglia (non più di 30mila lire) e un grazie tanto tradotto in 10 righe sui quotidiani sportivi di questo Paese di sedentari”.
Basterebbero queste otto righe dedicate a Marco Bollesan per assegnargli il titolo di “man of the match”, conferirgli la William Webb Ellis Cup del giornalismo e invitarlo a un terzo tempo come si deve da Cabrio. Beppe Viola aveva studiato biliardo, si occupava di calcio, giocava ai cavalli, scriveva anche film e canzoni, avrebbe potuto farlo – magari con eguale competenza no ma con effetto sì – anche di dressage e curling, sul niente sarebbe stato capace di tutto, macchina per scrivere e sigaretta, insomma era un fuoriclasse, e chissà che cosa avrebbe inventato immaginato fantasticato liberato improvvisato sul rugby.
Pensate a un pezzo su Memo Geremia, a un’intervista a Martin Castrogiovanni, a un ritratto del presidente Gavazzi, a una giornata con Sergio Parisse, a una gita in un’osteria con Tana Umaga. Continua a leggere

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