Recensioni / Quei papi efferati e corrotti

Il libro. Nel volume di Giuseppe Dino Baldi le controverse vicende in duemila anni di Soglio. Da Giovanni XII, ucciso da un marito geloso, al «sistema poliziesco» di Sisto V.
Controstoria dei pontefici: una carrellata di crudeltà, omicidi e lussurie
«Cn Giovanni XII il potere di Cristo e quello di Cesare si riunirono di nuovo in un'unica persona che era al tempo stesso principe e papa; ed era, questa persona, l'esemplare più compiuto e perfetto di una dinastia di prostitute e di assassini». Siamo a un passo dal Giubileo della Misericordia indetto da papa Francesco, gli occhi del mondo sono rivolti verso Roma. E molti laici contestano un clima troppo filo-clericale e acritico verso la Chiesa.Un ottimo antidoto potrebbe essere la lettura di una proposta editoriale in assoluta controtendenza rispetto a una produzione libraria spesso edificante, legata all'Anno Santo e alla popolarissima figura di Bergoglio. Si tratta di «Vite efferate di papi», del filologo classico e scrittore Giuseppe Dino Baldi, uscito da Quodlibet Compagnia Extra (500 pagine, 19 euro). Il passaggio citato su Giovanni XII, nato Ottaviano dei potenti Conti di Tuscolo, eletto a sedici anni il 16 dicembre del 955 e ucciso a ventisette da un marito che lo gettò da una finestra dopo averlo trovato a letto con la moglie, è solo un tassello delle tante storie di crudeltà, depravazioni e ignominie collezionate da tanti pontefici in duemila anni. Scrive Baldi nell'introduzione: «Non c'è un solo modo di raccontare il papato; troppo vasto è il territorio che occupa, troppo compromessa e calda la materia di cui è fatto. Eppure, o anche per questo, la storia dei papi è tra le più ricche e straordinarie sorgenti di racconti in stile alto, medio e basso scaturite in Occidente dopo l'antichità». Come dargli torto leggendo che il primo atto di Giovanni X, eletto nel marzo 914, fu di finire nel letto della potentissima Teodora, moglie di Teofilatto, console e senatore romano? Non poteva mancare il passaggio sulla leggenda della papessa Giovanna, che alcuni identificano in Giovanni VIII, e del suo parto durante una processione verso san Giovanni in Laterano. Incrociando varie fonti (dalla «Historia rerum in Italia gestarum» di Ferreto Ferreti del 1330 alla ricostruzione di Pierre Dupuy del 1655) Baldi ci riporta un'immagine quasi demoniaca di Bonifacio VIII dopo l'offesa di Anagni: «Cercava un laccio per impiccarsi, ma i servi avevano portato via tutto quello con cui avrebbe potuto farsi del male, e allora si sdraiava supino e cercava di soffocarsi spingendo i cuscini e il materasso sopra la faccia con tutta la forza che aveva». Fa il paio con l'atroce descrizione della rapida putrefazione del corpo di Alessandro VI papa Borgia dopo il suo avvelenamento: «Dentro la bocca il sangue nero gorgogliava come in una pentola sul fuoco. Fu il più brutto, mostruoso e orrendo corpo di morto che si sia mai visto». Su Gregorio VII Aldobrandeschi, Dino Baldi riporta (sempre a colpi di fonti) la sinistra strada di avvelenamenti che lo avrebbe portato al papato: sei papi morti in circostante sospettissime in appena tredici anni, da Clemente II a Benedetto X, con il cupo record di Damaso II sopravvissuto all'elezione appena ventidue giorni. In quanto ai vizi, c'è Giulio III, papa Ciocchi del Monte, che prende a suo servizio (anche intimo) da cardinale il tredicenne Santino e, appena eletto pontefice, lo fa cardinale diacono di sant'Onofrio a diciassette anni. Morto Giulio III, il giovanotto fu protagonista di una vita tanto scellerata da essere escluso dai conclavi. C'è il sistema poliziesco (diremmo noi contemporanei) con cui Sisto V controllava lo stato pontificio, utilizzando un numero mai visto di spie messe accanto a cardinali, principi romani, viaggiatori, regnanti ma anche confuse nel volgo, per capire quale fosse l'umore della gente comune verso il papato. Dice l'autore: «Nei cinque anni nei quali Sisto regnò a Roma non passò quasi giorno senza una condanna a morte. Campi e boschi brulicavano di pali con in cima teste mozzate, e di forche con uomini appesi e membra squartate». Per approdare a tempi più recenti, il libro si chiude con la discussa e complessa vicenda di Edgardo Mortara, bambino ebreo battezzato da una domestica cattolica (che lo credeva moribondo) all'insaputa della famiglia, e per questo strappato da casa sua il 24 giugno 1858, a un passo dalla fine del potere temporale. Ci fu uno scandalo internazionale, protestò anche Napoleone III.  Poi Mortara, con l'Unità d'Italia, scelse la sua strada, diventò sacerdote e fino alla fine ella vita descrisse «la bellissima avventura di essere cattolico, perché significa possedere la verità». Ha insomma ragione Baldi quando dice che il papato è sospeso tra l'alto di randi vette di spiritualità e il basso di indecenti vergogne umane. Sbaglia chi vede solo l'una o l'altra faccia della medaglia.