Recensioni / Architettura e dopoguerra

In tema con la mostra in corso alla Triennale certamente vale una segnalazione il volume di Carlo Melograni Architetture nell’Italia della ricostruzione. Modernità versus modernizzazione 1945-1960 (Quodlibet). Un testimone importante di quel momento ‘magico’ che fu la rinascita dell’architettura e urbanistica italiane arricchite di relazioni internazionali e sperimentazioni strutturali, tecnologiche e sui materiali. Un saggio dedicato al momento in cui sono stati prodotti i modelli fondamentali per l’edilizia sociale e industriale, la museografia, le infrastrutture e il restauro. Sostanziale in questo racconto di modernità il ruolo delle riviste di settore con i contributi critici delle maggiori personalità della cultura, non solo dell’architettura, italiana (Urbanistica di Adriano Olivetti e Giovanni Astengo, Metron e L’architettura. Cronache e storia di Bruno Zevi, La casa, Zodiac o la Domus di Gio Ponti e la Casabella di Ernesto Nathan Rogers), nonché le polemiche culturali e politiche comparse sulla stampa generalista.
Un affresco corale dove talvolta l’autore si compiace di tratteggiare aspetti meno conosciuti di protagonisti noti come Zanuso o Albini, compagni di percorso e di sperimentazioni. A chiudere una riflessione sulla condizione contemporanea, con la distinzione tra il concetto di modernizzazione e quello di modernità che per Melograni è “l’unità nella diversità a cui esortava Gropius; unità di obiettivi comuni da raggiungere, diversità di soluzioni proposte da mettere a confronto. È la linea da seguire, anche se presenta l’inquietudine delle incertezze, mentre la modernizzazione ostenta sicurezza di sé. Dal confronto tra esperienze diverse, però ugualmente rivolte a perseguire obiettivi condivisi, si ricaveranno indicazioni che sarà possibile dare per scontate e sottintese, presupposti per formare una cultura progettuale comune fra coloro che fanno il mestiere di costruire. Al contrario dell’esibizionismo individuale, il lavoro di paziente ricerca collettiva è tipico della modernità”.