Recensioni / L'eterno Beppe Viola e i sorrisi sulla vita

"Giornalista umorista" (ma le due qualifiche, come avverte Stefano Bartezzaghi nell'introduzione, sono comunque inesatte, essendo la sua figura incontenibile in una definizione rigida), Beppe Viola era uno fuori dal coro, un battitore libero, troppo moderno anche a 34 anni dalla sua scomparsa. Basta leggere qualche brano di Vite vere compresa la mia, raccolta ampliata di quanto lo scanzonato "geniaccio" milanese pubblicò su «Linus » a partire dal 1977, per accorgersi che quello di Viola resta un talento all'avanguardia, allergico ai luoghi comuni e ai finali scontati. Nella Milano stravagante romantica degli anni '60 e '70, Beppe Viola, detentore del «primato mondiale di carriera mancata», sguazza, svaria e scandaglia vite (compresa la sua), raccontando e raccontandosi senza mai prendersi sul serio, tra passaggi memorabili (come la mitica lettera al direttore, «Ho quarant'anni, quattro figlie e l'impressione di essere preso per il culo»), battute entrate nell'immaginario collettivo e lezioni di scrittura senza tempo.

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