“El segna semper lù”, cantava la Curva Nord interista in direzione di
Maurizio Ganz, piccolo centravanti tutto pepe anni novanta che poi fece
il grande sgarbo e alto tradimento di passare ai nemici del Milan. Ganz
che, una volta appeso le scarpette tassellate al chiodo, come in quella
canzone di De Gregori, del calcio ufficiale, divenne il numero nove
della nazionale della Padania che sfidava altre piccole nazioni non
riconosciute, i Rom, Lapponia, Crimea, Tibet.
Parlando di nazioni microscopiche la mente va ad Andorra, San Marino,
Città del Vaticano, il Liechtenstein, il Principato di Monaco. I famosi
Stati cuscinetto. Niente, siamo ancora distanti. Parlando di
secessionismo ci sovvengono le battaglie dei Paesi Baschi o dell’Irlanda
del Nord, la Scozia o recentemente la Catalogna, o per stare in casa
nostra appunto il tormentone della Lega di Bossi, o pre-Salvini, tutta
concentrata sulla leggenda del guerriero Alberto da Giussano e il Po a
fare da confine. Ancora siamo lontani dall’indagine, articolata e
approfondita, che ha compiuto il giornalista Graziano Graziani nelle
pieghe di stati minuscoli, veri, virtuali o di fantasia come “Redonda”,
creati per gioco, per pagare meno tasse possibili, per truffare il
prossimo o per altri mille motivi. Più si scorrono le pagine
dell’Atlante delle micronazioni (Quodlibet, 380 pp, 16.50 euro) e più si
aprono mondi e finestre sullo sconosciuto universo geopolitico,
finanziario e immaginifico che ci gira attorno.
Nel mondo globalizzato, che tende ad appiattire, ad annettere, a
uguagliare, alcuni rigurgiti ogni tanto emergono e si levano. Per
costituirsi come Stato servono a grandi linee una moneta, una
Costituzione, dotarsi di una forma di governo. Questo Atlante di nuova
concezione dovrebbe far parte di qualsiasi corso universitario di
diritto internazionale e costituzionale comparato, come dovrebbe essere
un tomo da accogliere alle lezioni di geografia. Un volume ottimista e
utopico come le tante imprese che ne vengono descritte, le storie
portate a galla dall’oblio, il riposizionamento di personaggi, di
incastri, di vicende tanto misteriose quanto curiose, tanto
folcloristiche e incredibili. Per questo è anche un libro sul viaggio e
sulla scoperta, sullo spirito d’avventura e sulla creatività umana, sul
non arrendersi e sul lanciare il cuore oltre l’ostacolo,
sull’indipendenza e l’intraprendenza, sul desiderio e la voglia di
rivincita e riscatto, sul motto “un altro mondo è possibile”.
E se non esiste, i tanti protagonisti delle quasi 400 pagine di GG, se
lo creano, se lo inventano, lo disegnano, tra inganni, sotterfugi e
sogni. C’è chi vessato dalla onnipresente, assillante e asfissiante
burocrazia un giorno ha detto basta e si è autoproclamato regnate di
casa propria, chi ha cercato di acquistare scogli in mezzo all’oceano
per crearvi paradisi fiscali, chi ha occupato un’isola per vivere con i
ritmi della Natura e salvaguardare l’ambiente, chi ha occupato obsolete
piattaforme petrolifere in mezzo al mare, nazioni basate sul genere
sessuale e nate da discriminazioni, altre sancite per protesta, quelle
di rifiuti che stazionano per chilometri quadri negli oceani, quelle
ingegnate da gruppi di artisti e performer come provocazione sullo stato
dell’arte, altri che sono quartieri che hanno voluto certificare la
loro distanza culturale dal resto della città.
La voglia insita in ogni uomo di creare un qualcosa solo suo, dove
essere padrone e dove far rispettare le proprie regole è alla base della
proprietà privata. Storie bislacche, strambe, stranissime, ai limiti
del possibile, curiose, bizzarre, strampalate, stravaganti, eccentriche,
molte ricche di umorismo e fine sarcasmo sono i ritratti dei tanti
uomini (di donne se ne contano su una mezza mano) che, per scherzo o
interesse, disamore o al contrario troppa passione verso la propria
terra, hanno preso carta e penna e hanno redatto statuti e leggi
solcando quel limite che la maggioranza dei cittadini crede
invalicabile: la territorialità dello Stato.
Ci sono micronazioni che hanno sviluppato il proprio regno sulle stelle e
la Via Lattea, “Celestia”, per fermare i lanci di razzi nucleari, chi
si è inventato un reame soltanto di carta e inchiostro, altri che di
sana pianta hanno cominciato a far circolare informazioni su nuovi
Eldorado per ricavarci contante, finanziamenti, denari dalla vendita di
azioni o appezzamenti e titoli nobiliari. Molti sono ricordati dagli
appassionati di filatelia, tanti altri hanno attivi ancora i propri siti
internet e lì vendono regolarmente passaporti che servono più per le
collezioni che realmente per varcare qualsiasi frontiera.
Dopo aver consultato le pagine di Graziani il concetto di “legittimo” e
“illegittimo” si confonde, s’incrina, risulta labile. Ci sono Stati
della mente e altri composti da un solo abitante, Stati virtuali e altri
transnazionali che ribaltano la tesi di un territorio fisico abitato da
persone ma che considerano la persona come portatore essa stessa di un
pezzo fondamentale di Stato o dello Stato stesso. Molti di questi sono
sul territorio (e anche questa nozione vacilla pesantemente) italiano,
da “Cospaia” in Umbria che reclama una storia fin dalla lontano metà del
Quattrocento, l’“Isola delle Rose” in mezzo all’Adriatico, “Seborga” in
Liguria, l’isola di “Tavolara” in Sardegna, “Bosgattia” dalle parti di
Rovigo, le artistiche “Alcatraz” e “Frigolandia” ancora in Umbria, “Malu
Entu” in Sardegna, “Piani Sottani” in Lucania, la calabrese “Caulonia”.
Storie da rivalutare, riprendere, studiare.