Un interessante e toccante libro è in uscita in questi giorni dalla casa
editrice maceratese «Quodlibet». Si intitola «Ridere rende liberi» e il
sottotitolo ne spiega i contenuti: «comici nei campi nazisti».
L'autrice è Antonella Ottai e il suo volume nasce da una ricerca storica
condotta sulle sorti di alcuni comici ai quali si deve, negli anni
Trenta, la grandezza leggendaria del cabaret e dello spettacolo leggero mitteleuropeo, in particolare dì
quello berlinese. In gran parte erano ebrei, come ebreo era il colore
del loro umorismo. La sorte di questi artisti è segnata inesorabilmente
dall'avvento di Adolf Hitler al potere e dalle persecuzioni antisemite.
Espulsi dai set e dai palcoscenici sui quali avevano primeggiato, le
loro performance si replicano in situazioni sempre più dure: i ghetti,
la deportazione, lo sterminio. Sono «stelle di prima grandezza che di
grande non hanno più che la stella gialla, cucita ben in evidenza sul
loro petto». Il loro personale percorso diventa l'occasione per
interrogarsi sui poteri e sulla forza d'urto del riso, per riflettere
sul senso del comico nel cuore del dolore quando, a complicarne le
dinamiche, interviene la relazione che sussiste fra il carnefice e la
vittima e sono gli aguzzini a contendere ai perseguitati «l'ultima
risata».