Recensioni / Metamorfosi di parole in «Traduzioni estreme», saggio di Franco Nasi

Tradurre, etimologicamente «traducere», «condurre oltre» ma anche «trasferire», in funambolico equilibrio su un abisso di parole. Un'arte impervia, «a volte esasperante», con quel senso di vertigine cui espone il muoversi, tra la letteralità e una «creatività vincolata», su un filo «estremo». Eloquente è, al riguardo, il titolo del saggio di Franco Nasi, docente di Teorie della traduzione all'Università di Modena e Reggio Emilia, «Traduzioni estreme» (Quodlibet Studio, il libro verrà presentato martedì alle 12,30 nell'aula A1 dell'Università di Parma, in via D'Azeglio 85). Il volume nasce dall'intenzione di illustrare criticamente «una serie di esperienze o incontri con testi particolari» – ovvero formalmente vincolati, quali i lipogrammi, gli anagrammi, gli acrostici alfabetici – «e con alcune loro possibili traduzioni», riflettendo sui modi in cui sono avvenute le metamorfosi traduttive, frutto di un'operazione «linguisticamente complessa, culturalmente problematica, eticamente impegnativa».

Le parole, infatti, non sono entità statiche, ma realtà vibranti e proteiformi, «immerse in un flusso di altre parole, di suoni, di allusioni, che le risignificano ogni volta». Questo a maggior ragione se si tratta di poesia, per cui il traduttore sostiene l'arduo compito di riformulare per la cultura di arrivo un testo che sia autonomo quanto eteronomo, «testimone affidabile»del testo d'origine. Un traduttore «poietés», quindi, filtro sapiente che restituisce lo spirito del testo ricreandolo, senza appiattirsi sulla lettera. Un modo, inoltre, per rilanciare e rivitalizzare i testi stessi, facendo riaffiorare ciò che già racchiudono: un'essenza molteplice, screziata, di infinite gradazioni e sfumature. Per cui il testo poetico, che è sublime apoteosi di effabile e ineffabile, dovrà essere tradotto - non necessariamente tradìto - non «come calco del senso lessicale», ma comprendendo «la vitale interazione fra lettera e referente, [...] rispettandone l'integrità e le presunte intenzioni, [...] senza ucciderlo, senza ridurlo a mero significato». Senza, dunque, immobilizzarlo in una «traduzione imbalsamata», ma «trasferendolo» dalla corrente della lingua di partenza al fiume in piena della nuova lingua.