«Quando, in un giorno ancora lontano, gli avremo insegnato a giocare, il computer, credetemi, giocherà tremando», scrivevano a fine anni Sessanta Pierre Lusson e Jacques Roubaud nel loro Breve trattato sulla sottile arte del Go firmato con l’amico e compagno di giochi George Perec (in italiano edito da Quodlibet nel 2014, euro 15). Spiega l’esperta italiana Tiziana Zita su cronacheletterarie.com: «Il Go appartiene al regno dell’arte, oltre che a quello della logica. Sebbene le regole siano molto semplici, più semplici di quelle degli scacchi, il Go può essere molto complesso. Da quando nel 1997 Garry Kasparov, allora campione del mondo, è stato stracciato dal software Deep Blue, il gioco degli scacchi è stato ridotto a una mera questione di forza bruta nel calcolo. Il Go è diverso. È come se contenesse un elemento imponderabile e creativo. A oggi, il computer non è mai riuscito a battere un professionista. Nel Go si mescolano in modo indissolubile l’aspetto estetico e quello cerebrale, e questo rende le cose più difficili per il computer».