Recensioni / Cavazzoni: «Racconto gli eremiti perché c'è tanto bisogno di silenzio»

Presenta il suo nuovo libro domani al San Leonardo con musicisti in scena

«Se proprio devo scegliere», esclama, a domanda, Ermanno Cavazzoni, «il mio preferito è Simeone, che per isolarsi dal mondo si stabilì su una colonna, prima una alta tre metri, poi sei, poi dieci, fino a diciotto, ma era un accorrere continuo di gente che imploravano la sua benedizione o li presentavano dei paralitici da guarire. Non mangiava e non dormiva, e la notte conversava con Dio».

Sono una sessantina le figure di asceti che l'autore del Poema dei lunatici e delle Leggende dei santi raccoglie adesso nel volumetto Gli eremiti del deserto, edito da Quodlibet, al centro della lettura di domani sera – ore 20.30, Teatro San Leonardo –, con cui Cavazzoni aprirà la rassegna Lune del Lunedì. Letture stravaganti per strumenti altrettanto da lui stesso curata.

 

Perché tanto interesse per queste figure?

«Io ho una certa predilezione per i comportamenti di chi sta decisamente fuori dal coro e dall'ovvietà. Tipi stralunati, strampalati il più delle volte. Ma il guaio del nostro tempo è l'impossibilità di trovare un poco di solitudine dal resto degli uomini. Non si può più scappare, né dalle città né dai luoghi meno frequentati».

 

E questo sarebbe tanto grave?

«Innanzitutto chi non socializza finisce fuori dal gioco. Viene ritenuto un malato. E invece potere isolarsi, poter riassaporare il silenzio è una pratica psicologica preziosissima, uno strumento di autoanalisi. Ho avuto per un po' una casa a Venezia, e posso testimoniarlo».

 

Come ha scoperto questi personaggi?

«Ho preso spunto dalle vite narrate da Atanasio, da san Girolamo e, per gli eremiti della Siria, dalle pagine di Teodoreto di Ciro. La cosa che mi ha colpito è che, all'atto pratico, chi cercava la solitudine nel deserto finiva circondato da una quantità di persone, sia perché i deserti si riempivano di eremiti desiderosi starsene in pace con le loro preghiere, sia perché arrivavano da ogni parte folle di devoti, di oranti, con le loro richieste di qualche miracolo».

 

Una fuga continua, come se non ci fosse mai un posto per fermarsi...
«C'è un caso che spicca tra tutti gli altri, quello di Ilarione, nato pochi chilometri a sud di Gaza. Per seguire l'esempio di Antonio, uno dei più famosi eremiti, che visse 105 anni fra il terzo e il quarto secolo, si ritirò anche lui nel deserto fin da giovane. Ma non ebbe modo di trovar pace. Tutti lo cercavano, lo imploravano, giungevano fin dalla Germania, girò dovunque nel vano tentativo di restare solo, fino alla Sicilia e a Cipro dove finalmente trovò un luogo inaccessibile tutto per sé».

 

Lei sarà accompagnato dalle musiche di Vincenzo Vasi e Valeria Sturba. Perché?
«Nel deserto gli eremiti erano assediati dai demoni, marron si trattava sempre di serpenti o di donne discinte. Per loro c'erano delle tentazioni rappresentate dai disturbi sonori: vagiti, un soldato morente che chiede aiuto, un bimbo nero che si lamenta. Suoni stravaganti. Come quelli che si ascolteranno lunedì».