Recensioni / Per conto suo

Di qui spesso nasce la difficoltà di riconoscersi in quello che si è scritto, come in Delfini: «Quando io scrivo non sono io che scrivo. Quando io parlo non sono io che parlo. Quand’è dunque che dico e scrivo qualcosa? Dov’è che mi si ritrova?». Sono sintomi di una specie di decentramento: qualcosa che succede quando tra me e l’altro me stesso che scrive si apre una scollatura, non essendoci più lo stucco classico del «dover essere», del «tu devi essere questo». Però, solo in base a quel decentramento, io riesco a capire che la lingua non è un puro strumento al servizio delle mie intenzioni, ma una melodia che procede per conto suo verso l’eventualità dell’impensato.