Recensioni / Che cos'è la filosofia in un libro di Giorgio Agamben

Di tanto in tanto emerge la questione di cosa sia la filosofia oggi, se possa ritenersi una disciplina utile o se invece debba essere accantonata per far spazio ad altro. Emergono sui quotidiani italiani spesso discorsi filosofici sul realismo o sul post-moderno. In questo senso porsi la domanda è un modo per riprendere in mano il filo del discorso, iniziando proprio dalle origini della filosofia, per arrivare a capire oggi che strumenti abbiamo e di cosa parliamo.

 

In Che cos’è la filosofia? Giorgio Agamben, sicuramente tra i pensatori più influenti italiani, arriva ad una risposta senza mai affrontare la domanda direttamente. Il volume edito da Quodlibet raccoglie infatti cinque saggi di cui il primo è una rielaborazione di discorsi avvenuti negli anni ‘80 e gli altri, invece, sono stati scritti negli ultimi due anni.

 

Ma come si può trovare una risposta senza affrontare la domanda? Qui già Agamben mette in mostra il meccanismo filosofico esplicitato nel volume. Il pensare filosofico è un lavorio che si innesca con la domanda, ma che non si esaurisce con la risposta, ma al contrario espande il problema in vari ambiti, generando ancora domande e ponendo questioni.

 

La parola, sia scritta sia orale, si pone da subito al centro del problema filosofico, si inizia con il primo saggio, affermando "non vi è né vi è mai stata alcuna comunità o società o gruppo che abbia deciso di rinunciare puramente e semplicemente al linguaggio". L’analisi del linguaggio e dei concetti, del rapporto tra parola e significato, tra il suono delle parole e la loro forza persuasiva a livello politico, ma non solo, sono i fili che si stendono lungo tutti i saggi, ritrovando nei testi di Aristotele e Platone principalmente, ma anche di altri filosofi e scrittori antichi, le fondamenta per erigere la domanda sulla parola.

 

Per Agamben la definizione di filosofia, oggi, non è distante dal problema del "chi siamo noi che parliamo", del cos’è la parola e del perché ha questa forza sulla società. Di fatto il restringimento all’ambito della parola e dell’idea è un allargamento del campo d’analisi, è un divenire altro. Perché niente è ancora oggi, al di fuori della parola. Che cos’è la filosofia? è un testo che si colloca nelle fondamenta del politico, del giornalistico, dell’esser studioso, ma si potrebbe dire dell’esser pensante tout-court.

 

Particolarmente rilevante all’interno del testo, in questo senso, è il saggio Sul dicibile e sull’idea, infatti "il problema dell’idea non è separabile dal problema del suo luogo. Che le idee abbiano luogo "al di là del cielo" può solo significare – come Aristotele e Simplicio puntualmente osservano – che esse "non sono in un luogo". E, tuttavia, esse, che non hanno luogo e, per questo, rischiano di non essere, sono essenzialmente connesse, anche se "in modo assai aporetico e difficilissimo da afferrare", con l’aver luogo degli enti sensibili, che ne ricevono l’impronta in modo "difficile da dire e meraviglioso".

 

Agamben riesce a tessere una tela fatta di studi e concetti in modo tale da elaborare le strutture portanti della filosofia e mostrandone, ancora oggi, la forza assolutamente fondamentale nell’approcciarsi dell’uomo al mondo contemporaneo. In qualsiasi disciplina egli sia impegnato, il fondamento è nell’idea e nella parola che è utilizzata per svilupparla, in questo senso "la verità che si esprime nel linguaggio – e, poiché noi non abbiamo altro modo di esprimerla, la verità di cui ne va per noi uomini parlanti – non è un fatto reale né un ente soltanto mentale, e neppure «un mondo dei significanti»: è, piuttosto, un’idea, un puramente dicibile, che neutralizza radicalmente le sterili opposizioni mentale/reale, esistente/non esistente, significante/significato. E questo – e non altro – è l’oggetto della filosofia e del pensiero".