Recensioni / La vita segreta del Monumento Continuo

Quello delle avanguardie architettoniche italiane degli anni 1960-80 è un fenomeno che andrebbe studiato con un po’ di ironica malizia, per dimostrare, tra l’altro, che se gli animatori di Superstudio o di Archizoom, per esempio, si fossero espressi in inglese e fossero vissuti a Londra o a New York, la storia dell’architettura del secondo Novecento andrebbe in parte riscritta (lo aveva capito Rem Koolhaas tra i primi). Bene quindi tornare a occuparsene e bene ha fatto Mastrigli a convincere Adolfo Natalini, Cristiano Toraldo di Francia e Gian Piero Frassinelli a raccontare come vissero la storia di Superstudio, il gruppo che formarono a Firenze nel 1966 e che sciolsero dopo una quindicina d’anni, la punta di diamante di quella che è stata definita (e così anche liquidata) "architettura radicale". Dalla contaminazione dei mezzi espressivi, di artigianato sperimentale, cinema, fotografia, grafica, dall’erosione dei canoni architettonici e dalla frequentazione delle "terre fuorilegge" di cui aveva scritto Buckminster Fuller, è derivato lo scheletro delle esperienze fatte da Superstudio. Senza enfasi Natalini, Toraldo e Frassinelli ne hanno parlato con Mastrigli, ricostruendo le tappe fondamentali della loro vicenda con una certa ironia, senza iattanza e solo una punta di sentimentalismo nel ricordare ciò che di normalmente banale era parte del loro lavoro. Con precisione hanno ricordato come presero forma i loro progetti ed è interessante notare come nei loro racconti rimanga in secondo piano il clima politico (1968 e dintorni) in cui vennero concepiti. Ciascun lettore troverà in queste pagine risposte alle sue curiosità: come nacquero progetti quali Il Monumento continuo, Istogrammi, La moglie di Lot ecc. e avrà modo di chiedersi come da lì siano poi evolute le carriere dei loro autori. Immaginiamo poi che leggendo il libro alcuni noteranno anche come i "trasgressivi" membri di Superstudio non nascondano (anzi, ne parlino con un certo affetto) il ruolo che i professori incontrati alla Facoltà di Architettura di Firenze hanno avuto per le esperienze da loro compiute – a conferma che se dopo di loro l’architettura italiana ha fatto e fa molta fatica a rinnovarsi, ciò è dovuto anche al fatto che di professori buoni ne sono rimasti pochi.