Recensioni / Quante storie lungo quella strada

Trent’anni fa erano usciti da Feltrinelli due volumi sulla via Emilia, curati da E. Bronzoni e G. Bizzarri: uno di fotografia, Vedute nel paesaggio, con foto di Luigi Ghirri, Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Vincenzo Castella, Giovanni Chiaramonte, Guido Guidi, Mimmo Jodice, ecc.; e un secondo volume di racconti, di Italo Calvino, Antonio Tabucchi, Tonino Guerra, Daniele Del Giudice, Gianni Celati, Ermanno Cavazzoni, Beppe Sebaste,Giulia Niccolai, Antonio Faeti, Giorgio Messori, Corrado Costa.Ora, trent’anni dopo, sullo stesso tema, la via Emilia, è uscita una nuova raccolta Almanacco 2016. Esplorazioni sulla via Emilia (ed. Quodlibet, promossa dalla biblioteca Comunale di Reggio Emilia), dove in ordine geografico da ovest ad est, cioè dalla sorgente al mare, hanno scritto Paolo Colagrande, Paolo Nori, Learco Pignagnoli, Ivan Levrini, Francesco Marsibilio, Irene Russo, Sandro Campani, Stefano Tonietto, Gianfranco Mammi, Paolo Vistoli, Ugo Cornia, Andrea Lucatelli, Antonio Castronuovo, Dino Baldi, Mauro Orletti, Jacopo Narros, Paolo Albani, Patrizia Barchi, Adrián N. Bravi, il tutto da me curato. Ed è stata l’occasione per pubblicare quegli scritti brevi che oggi, senza più le riviste letterarie, non hanno più un destino.Nel frattempo la via Emilia è cambiata, forse tutti questi scritti sono il suo funerale: da arteria fondamentale della viabilità europea, come per due millenni la via Emilia è stata, oggi è poco più di un viottolo asfaltato, una via di seconda scelta, interdetta al grande traffico che ora viaggia sull’autostrada e sull’alta velocità ferroviaria; oggi è un percorso tra fabbriche, vetrine, supermercati, discoteche, saloni, case, e paesini dopo paesini; serve solo per brevi tragitti. È diventata una strada di città, perché tra Piacenza e Rimini è un’unica continua città che si distende. I racconti di questo Almanacco 2016 si allargano perciò molto oltre il tracciato della vecchia via Emilia, divagando per le sue vaste periferie, su per le colline, o verso la Bassa padana, fino gli argini del Po, e anche avanti e indietro nel tempo; e poi hanno preso un’aria molto più scherzosa e parodica rispetto alla prima antologia. C’è il ristorante dove cucinano i gatti (parodia della troppo famosa cucina emiliana); o brani di una locale antica letteratura latina, però inesistente, come se la narrativa cosiddetta padana fosse nata già duemila anni fa, assieme a precursori di Ungaretti e Montale.A molti, me compreso, il volumetto di trent’anni fa ha portato fortuna; spero porti altrettanta fortuna agli autori e ai nuovi autori che ci hanno scritto.