Recensioni / Il profeta Yona

HA COSTRUITO SOLO UN PAIO DI OPERE, MA HA IMMAGINATO MOLTE CITTA’ FUTURE. ORA HA OTTANT’ANNI, IL MONDO LO RISCOPRE GRAZIE A UN PAMPHLET. DOVE FRIEDMAN DISEGNA UN’INTUIZIONE LONGEVA: L’UTOPIA REALIZZABILE

Può un libro – non un romanzo, né un saggio ma un pamphlet teorico dall'irresistibile titolo Utopie realizzabili (tradotto ora in Italia da Quodlibet) – festeggiare i 30 anni dalla pubblicazione, suscitando nuovo e clamoroso interesse?
Il “caso Yona Friedman”, citando l’autore, sembrerebbe dire di si. E non solo perché l’utopia in architettura, e ancora più in urbanistica, ora che tutto sembra costruito, e di nuovo nell’aria (per esempio: con la rivista Domus impegnata a rileggere il genio anomalo di Cedric Price facendone un “torrnentone” internazionale). Ma perché l’uomo in questione – singolare architeno e pensatore franco-ungherese dai capelli ormai bianchi e dai numerosi e già celebri discepoli (come gli inglesi Archigram) – alla soglia degli ottant’anni è tornato a far parlare di sé e della sua utopicamente corretta visione per l’habitat. Forte di un credo piu attuale che mai: la centralità dell’uomo nella complessa organizzazione del mondo. E di un assioma dalla disarmante e per questo forse dawero illuminata semplicità: «In società fatte in modo da rendere chiunque sostituibile, una sola cosa è inammissibile: non essere importanti. Penso che l’individuo sia importante e che la sua importanza consista nell’unicità e nell’insostituibilità». E ancora: «Il miglior modo di fare architet    tura è che gli abitanti trovino da loro le soluzioni. Ognuno di noi è l’unico esperto delle questioni che lo riguardano». Quelle che hanno impegnato Friedman premiano tutte l’immaginazione. Dal 1956 Yona il saggio ha ideato Città Mobili, Città Spaziali, disegnato fumetti, traneggiato scenari (im)possibili nei paesi in via di sviluppo e costruito (solo) un paio di opere: la più famosa è il Museo della tecnologia di Madras |in India dove, nello sperimentare i principi dell’autocostruzione, il “progettista” ha abbondato tra i primi nell’uso di materiali locali come il bambù.     Ora Friedman è atteso il 21 giugno a Firenze dove, all’Osservatorio sull’architettura, darà conto del suo celebre breviario in cui parla, cogliendone trent’anni fa i nodi più urgenti di stato, media, migrazione, rifiuti, Europa, flessibilità... Friedman su tutti questi temi non fornisce istruzioni per l’uso ma scenari sagaci e puntuali, ribadendo l’importanza della comunicazione che funziona – ovvero fa informazione – solo tra piccoli gruppi. Nonostante l’avvento delle tecnoiogie scriveva più puntuale di Negroponte «è e resterà a lungo uno scambio faccia a faccia, un telefono senza fili, di cui Internet è solo uno squillo». Già nel 1974.