Recensioni / Architettura e design. Il Superstudio 50 al MAXXI

Nel museo di via Guido Reni fino al 4 settembre le opere del team fiorentino degli anni Sessanta. Duecento installazioni, mobili, e fotografie diventati oggetti cult

RETROSPETTIVA
Era la fine dei ruggenti anni '60. Il grande Male da combattere allora (come adesso) era ed è rimasto l'Uomo in scatola. Sì, gli esseri umani incasellati per secoli come sardine oppure oggetti seriali in una successione di spazi donati, codificati dal linguaggio classico, stanze stanzette scatolette perfettamente ordinate, finestre tutte uguali, certo con qualche variazione decorativa nei casi migliori, magari un fregio ionico o corinzio o deifico, che ne modificasse la raggelante monotonia ripetitiva. Poi, era venuto il movimento moderno e lo scenario era cambiato ma, dopo qualche decennio, il Male si era ripresentato non più in palazzi di pietra o cemento ma di vetro e acciaio.

Il Superstudio fiorentino, al quale il MAXXI dedica a mezzo secolo dalla nascita una grande retrospettiva Supertudio 50 curata da Gabriele Mastrigli (in via Guido Reni, fino al 4 settembre, catalogo Quodlibet), si afferma in questo contesto di crisi, quello degli «ultimi, intensi anni dei maestri del Movimento moderno, Mies, Gropius e soprattutto Le Corbusier» (Mastrigli). Adolfo Natalini, Cristiano Toraldo di Francia, Gian Piero Frassinelli, Alessandro Poli, i fratelli Roberto e Alessandro Magris nel 1966 creano con effetti sismici il primo e più influente gruppo di architettura radicale. Il team rompe le regole, non propone utopie rassicuranti ma, al contrario, negative, paradossali, distopiche, produce un universo di oggetti stranianti, che non rispettano i canoni accettati ma generano terapeutiche energie sovversive.
DESIGN
Nel '67 senza perder tempo, cavalcando le tigri della super architettura e del super design, i magnifici sei super studenti ricordano che è «la poesia che fa abitare» e che «la vita si svolge non solo in scatole ermetiche per piccole vite parallele ma anche nelle città e nelle auto, nei supermarket, nei cinema, sulle autostrade». Dopo mezzo secolo, la mostra del MAXXI – con esultanza di Margherita Guccione, direttrice di MAXXI Architettura – ne ripropone con intatta freschezza la lezione grazie a 200 e più installazioni, mobili, opere grafiche e foto divenuti oggetti di cult ma talvolta inediti.

È il caso del Monumento continuo (datato 1969) di cui sI conosceva solo lo storyboard, mentre rivediamo progetti famosi come gli Istogrammi di architettura ('69-'70), le Dodici città ideali ('71), i cinque film de Gli atti fondamentali (su Vita, Educazione, Cerimonia, Amore e Morte) che rappresentano probabilmente l'opera più ambiziosa del gruppo come ponte tra vita e progetto, il divano Bazaar, le lampade Passiflora, i mobili della serie Misura e l'installazione La moglie di Lot presentata alla Biennale di Venezia del '78. Il gruppo concluse la propria attività nel 1980, in coincidenza con l'affermazione del riflusso postmodern. Ma il tempo è un buon giudice: 35 anni dopo è ancora Super.