Recensioni / Le reliquie profane dal teschio di Mozart al pene di Napoleone

Repertorio macabro

 

Il pene di Napoleone si trova alla Squire Urological Clinic di New York. Non è chiaro se sia dato visitarlo, ma è pur sempre un pezzo che lo meriterebbe. Il dito medio destro di Galileo invece è visitabile a Firenze, al Museo della Storia e della Scienza. Lo scheletro modellato con paglia del filosofo utilitarista Jeremy Bentham è seduto su una sedia in una stanza dello University College di Londra.

Traiamo queste informazioni dall'agile volume Ossa, cervelli, mummie e capelli di Antonio Castronuovo (Quodlibet, pp. 192, euro 15). Castronuovo compie un'erudita panoramica fra quelle che chiama le «reliquie profane». È noto che il mondo della cristianità (protestanti esclusi) ospita tonnellate di reperti fra i più agghiaccianti: crani, piedi, falangi, denti di santi di tutte le epoche e latitudini. Il Belpaese conta innumerevoli residui biologici circonfusi da un'aura di sacralità, e nessuno in fondo si stupisce più di tanto. Dove ha fine l'incredulità e comincia la devozione? Nessuno può dirlo. Ma l'autore di questo libro macabro e gustoso allo stesso tempo ci fa notare come anche sul terreno laico si trovino esempi di fanatismo (o di venerazione, a seconda dei punti di vista) verso parti del corpo di personaggi storici oggetto di ammirazione.

Solo la sezione dedicata ai capelli ci apre paesaggi inaspettati. Beethoven, per esempio, di capelli ne aveva tanti e visse a cavallo di due secoli, Sette e Ottocento, in cui il possesso di una ciocca racchiudeva un grande significato simbolico. Non c'è da stupirsi se i souvenir tricologici del musicista siano sopravvissuti, tanto che c'è persino un bizzarro collezionista che ha tentato di farne estrarre il carbonio per produrre una gemma da mettere all'asta. I cadaveri illustri hanno dovuto spesso subire vicissitudini estreme. Quello di Napoleone, tumulato agli Invalides, per quanto ne sappiamo potrebbe anche non essere il suo. Non parliamo poi del teschio di Mozart, genio a cui fu riservato un funerale di infima classe, tant'è vero che anche su quel poco che resta del suo cranio si insinuano dubbi.

Eccezionale l'opera di imbalsamazione di Lenin, un lavoro che coinvolse centinaia di persone; il corpo del rivoluzionario bolscevico è stato mantenuto in ottimo stato grazie a un impegno lungo e costoso. Ma ne varrà la pena? Tantopiù che ora le nostre misere spoglie mortali possono sopravviverci nei secoli dei secoli grazie al metodo della plastinazione ideato da Gunther von Hagens, anatomopatologo tedesco: è possibile conservare la materia organica mediante la sostituzione dei liquidi con polimeri di silicone. Ma al dottore non è bastato salvare dalla distruzione i cadaveri dei donatori: li ha trasformati in opere d'arte, esibendoli, scuoiati come manichini di anatomia, negli atti e nelle pose più strane. Insomma, la persona non c'è più, ma c'è l'idea, l'immagine raccapricciante di quello che è stata, come se così si potesse sfuggire alla morte.

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