Recensioni / Le Sentiment végétal. Feuillages d’extrême contemporain

Il volume di Marinella Termite si legge con la stessa curiosità con la quale si scopre un giardino popolato da piante e fiori sconosciuti. Un’introduzione (Entre les feuilles, pp. 7-12), a firma di Marie Thérèse Jacquet, ripercorre l’itinerario rigoroso con il quale l’A. ha meticolosamente costruito il suo testo, sottolineando il carattere apparentemente frammentario di questo lavoro che, al contrario, unisce coerentemente una serie di analisi di alcune tra le più significative opere che costituiscono il panorama letterario dell’extrême contemporain.

Nel primo capitolo («Racines», pp. 15-41), Termite esplicita l’approccio e la motivazione della sua opera: il regno vegetale riveste un ruolo di particolare importanza nella letteratura contemporanea, ponendosi come forma di resistenza alla velocità, rimodellando i confini del presente, mettendo in discussione, insomma, le dimensioni di tempo e spazio e costringendo il lettore a ripensare la proteiforme nozione di vivente. Nel secondo capitolo («La main verte de l’écrivain», pp. 43-55), la pagina del libro diventa una terra fertile e lo scrittore un giardiniere, attraverso l’analisi di romanzi di autori come Véronique Bizot, Richard Millet, Agota Kristof e Pierre Senges. In un parallelismo tra pluralità del vegetale e pluralità del sentire, il terzo capitolo («Herbier», pp. 57-129) si costruisce come un vero e proprio erbario dei sensi: l’intento dichiarato dall’autrice è quello di classificare le caratteristiche di quelli che chiama «végétaux scripturaux d’aujourd’hui» (p. 60). I cinque sensi sono così il pretesto per entrare nei dettagli di opere quali Celui qui court derrière l’oiseau di Marie Nimier, Tobie des Marais di Sylvie Germain e La Traversée de l’Europe par les forêts di Alain Fleischer, solo per citarne alcune. Concluso l’erbario dei sensi, Termite compone il suo quarto capitolo come fosse un mazzo di fiori («Bouquet», pp. 131-186). L’autrice accosta così gli alberi-libri che attraversano le pagine di Vies minuscules di Pierre Michon all’acacia dell’omonima opera di Claude Simon e alla magnolia della Comédie classique di Marie Ndiaye. Nel quinto capitolo, intitolato «Clairière» (pp. 187-206), prendendo le mosse dalla scrittura di autori quali Jean Echenoz e Jean-Philippe Toussaint, la studiosa sviluppa un’analisi del vegetale letterario intorno alla suggestiva immagine di quel deserto non arido che è la radura. Marinella Termite tira le fila di tutti i romans botaniques da lei analizzati nell’ultimo capitolo («Branches», pp. 207-209): romanzi del presente, della fragilità e della lentezza, che testimoniano l’esistenza, da una parte, di un sentiment végétal letterario, in grado di rendere le situazioni “vegetali” e, dall’altra, di una vera e propria scrittura vegetale, capace di esprimere la parzialità e la complessità del reale.