Recensioni / Così Benjamin fa spazio per il Messia

Rifiutato dall'accademia del suo tempo, Walter Benjamin (1892-1940) è forse il pensatore oggi più commentato in ambito universitario. Anche i non specialisti lo citano volentieri e non sempre a proposito, complice l'ingannevole trasparenza di molte sue formulazioni concettuali. «Perdita dell'aura», per esempio. Facile a dirsi e più ancora a leggersi quando si scorrono le pagine del celeberrimo saggio su L'opera d`arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica (1936). Se però non ci si accontenta dell'intuizione superficiale (attorno a un capolavoro c'è sempre qualcosa di misterioso e indecifrabile, una specie di alone quasi sacrale, giusto?), ecco che la questione si fa più complessa. Occorre chiamare in causa specifiche categorie teologie e dotarsi di una strumentazione raffinata, come quella di cui fa uso Luigi Azzariti-Fumaroli nel suo Passaggio al vuoto (Quodlibet, pagine 220, euro 20,00). Si comprende così che, anziché essere una qualità propria dell'oggetto contemplato, l'aura scaturisce in effetti dall'esperienza stessa del contemplare. Nella sua assoluta ineffabilità, conserva comunque una traccia concreta e pressoché corporea, dato che tutto in Benjamin si pone sotto il segno del corpo, tra coscienza del limite ed eventualità della dissoluzione. È l'intuizione da cui muove appunto il lavoro di Azzariti-Fumaroli, documentato fino allo scrupolo sul versante bibliografico e inflessibile nel separare le intenzioni di Benjamin da quelle dei suoi interpreti, non importa quanto prossimi o addirittura fraterni. Nel messianismo dell'autore delle Tesi di filosofia della storia si avverte l'eco del predecessore Franz Kafka e non mancano i punti di contatto con l'amico Gershom Scholem, eppure Benjamin rimane se stesso. Non invoca l'evento messianico come farebbe Scholem e neppure lo evoca per absentiam come parrebbe fare Kafka. Semmai ne constata la temporanea mancanza, attraverso quella singolarissima percezione del vuoto all'interno della quale già agisce la dimensione paolina della kenosis. Il «nichilismo essenzialmente teologico» di Benjamin - questa la definizione di Azzariti-Fumaroli non è dunque una resa al nulla, ma un`apertura di credito, un modo di fare spazio, analogamente a quando prescritto dalla dottrina cabalistica del tzimtzum, il "ritrarsi di Dio" che rende possibile la creazione. Più che Walter Benjamin per astrazione, ancora una volta, il pensiero di Benjamin agisce per adesione alla realtà, in un processo che ne giustifica almeno in parte la lettura in chiave di attualizzazione più o meno militante. [...]