Recensioni / Periferie rigenerate. Trasformazioni da Pigneto a Corviale

Gli architetti romani non sono peggiori, nel loro insieme, dei colleghi del Nord Europa, così come i costruttori, che probabilmente sono interessati al guadagno più o meno come i danesi o gli olandesi. Forse anche chi stabilisce i nuovi insediamenti sul territorio non ha molto da imparare dagli urbanisti di Stoccolma o di Colonia. Ma allora perché le periferie e le parti nuove delle città transalpine sembrano offrire una soddisfacente qualità della vita mentre quelle che girano attorno ai Sette Colli arrancano per raggiungere livelli appena accettabili? Uno studio pubblicato (ed.Quodlibet) dal Dipartimento Architettura e Progetto della Sapienza conferma e giustifica la domanda. Il tema è la rigenerazione delle periferie: se ne parla fin da quando sono sorte senza freni attorno alla città. Le autrici Alessandra De Cesaris e Domizia Mandolesi entrambe docenti di Progettazione architettonica, propongono il risultato della loro ampia ricerca su Roma indicando le possibili trasformazioni che il costruito può affrontare per migliorare la funzione e l'immagine dell'abitato. Il Pigneto, Corviale, Tor Bellamonaca, il Tiburtino e così via, in una sequenza in cui si incontrano desolazione e buoni propositi. L'ultima parte dello studio offre, senza sconti, alcuni esempi di come invece a Berlino, Lione, Copenaghen, Parigi, Bordeaux, Sheffield, Norimberga si opera sulle periferie. Una bella differenza. Presumendo una certa omogeneità nelle qualità di progettisti, costruttori e urbanisti del Nord e di casa nostra, viene spontanea una domanda:non avrà qualche responsabilità anche l'approccio culturale con cui si affronta, a vari livelli, il tema dell'abitare? E gli stessi abitanti non contribuiscono forse a migliorare o a peggiorare la realtà materiale in cui vivono? Se fosse vero, sarebbe un bel problema intervenire sulla mentalità e la sensibilità di chi gestisce e di chi abita le aree esterne di Roma, oltre la città consolidata. Da che parte cominciare per avviare un processo del genere? Forse l'iniziativa dovrebbe prenderla il Campidoglio: in fondo non è suo compito capire, studiare e intervenire sui grandi temi di questa metropoli? Il Comune fatica a gestire la quotidianità, figuriamoci se è in grado di aprire lo sguardo sui grandi processi di trasformazione urbana e sociale. Ma il 2040 non è poi così lontano e allora si potranno vedere i risultati concreti di un impegno preso adesso. Nel tempo di una sola generazione si potrà verificare se questa città è stata capace di cambiare, migliorando la qualità del vivere di gran parte dei suoi abitanti, oppure se nonostante l'aria «nuova» che pare abbia preso il posto del vecchio «ponentino», tutto è destinato a riprodursi con le logiche di sempre.