Un libro e uno spettacolo che affrontano lo scandaloso intreccio tra riso, vita e morte. Un'esperienza estrema, difficile da tradurre. Intollerabile, in un certo senso. Ridere rende liberi (Quodlibet), l'ultima fatica di Antonella Ottai, studiosa di teatro e saggista di grande valore, affronta il fenomeno della spettacolazione comica all`interno dei campi di sterminio. Lo fa con un respiro calmo e una scrittura sapiente, in una documentazione storica che non ha precedenti. Non il racconto di una tortura fisica, ma di un massacro piscologico dove, a un certo punto della storia, il carnefice incontra il destino della vittima, partecipando dello stesso atto spettacolare. A Westerbork, campo di transito nella brughiera olandese, e a Theresesienstadt, dove i nazisti avevano creato una specie di città fantasma dentro i cui confini i prigionieri stanziavano prima della "soluzione finale", i migliori attori ebrei della scena comica tedesca si producevano in spettacoli che avevano il compito di divertire le SS sedute in prima fila, ma anche gli altri prigionieri. "In realtà non c'era niente da ridere" commentò un illustre sopravvissuto scampato alla morte. Eppure si rideva. Mentre Etty Illesum si rifiutava di frequentarli, la maggior parte dei suoi compagni partecipava alla confezione e al consumo di questi spettacoli di varietà e di cabaret, sperando forse di aver così salva la vita. Paradigmatica la storia di Kurt Gerron, l'interprete dell`Angelo Azzurro che fu coinvolto nelle riprese di un film di propaganda sulla "città che Hitler donava agli ebrei", senza che questo potesse in nessun modo risparmiargli la camera a gas: finirà i suoi giorni ad Auschwitz. Dal libro di Antonella Ottai, lo spettacolo L'ultima risata: le canzoni, gli sketch, l'ironia antinazista degli umoristi della Repubblica di Weimar nelle performance di Bruno Maccallini, Alvia Reale e Franca D`Amato. Per capire fino in fondo fin dove si può spingere la follia umana. Visto alla casa della Memoria di Roma.