Recensioni / Dell'amicizia

Immaginate di voler annunciare il Vangelo a una cultura antica, di alto livello e orgogliosa della propria tradizione, fino a questo momento chiusa e inconsapevole della cultura occidentale. Da dove comincereste? È proprio questo il problema che si trova ad affrontare, alla fine del Cinquecento, il gesuita missionario Matteo Ricci (1552-1610).
Cercando un contatto con la classe dirigente confuciana, allora al potere in Cina, Ricci intese mostrarle il valore della saggezza occidentale. Il tema dell’amicizia si prestava alla perfezione, perché su di esso il pensiero occidentale classico aveva dato dei contributi di valore e perché esso si prestava bene per quell’opera di avvicinamento e di conciliazione che l’autore aveva in mente. Fu così che a Nanchang, nel 1595, Ricci pubblica la sua prima opera in cinese, cioè appunto il Dell’amicizia. L’operazione ebbe successo: il libro venne ristampato e copiato più volte, infatti cattura l’attenzione dei letterati cinesi che lo studiarono e lo citarono.
Come si può vedere dalla sua struttura, il libro edito da Quodlibet è¨ piuttosto complesso. Non consiste infatti nella semplice pubblicazione di un’opera del passato. Come si chiarisce infatti fin dal risvolto di copertina, il volume raccoglie i principali documenti dell’opera di Ricci sull’amicizia. In alcuni casi si presenta anche la stampa anastatica in cinese. Allo studioso di Ricci in tal modo è semplificato di molto il lavoro, perché trova riunite le diverse fonti e perché l’apparato di note e quello bibliografico sono precisi e ricchi. Egli avrà così modo di comparare le diverse versioni dell’opera e di analizzarne la formulazione cinese. Per il lettore comune, semplicemente incuriosito dal tema e desideroso di capire come Ricci lo ha trattato, le cose vanno meno bene, perché la complessa struttura del testo gli risulterà disorientante. A questi si consiglia di andare direttamente alle pagine 43-98 ove si trova l’edizione dell’opera del 1601. Per approfondire poi sono utili le Note alle Sentenze (pp. 147-180) e l’Introduzione che è di regola, buona norma leggere dopo il testo.
Quanto ai contenuti, il trattato di Ricci nei singoli passaggi non vuole essere originale, come si è¨ detto. L’autore vuole piuttosto presentare in forma sintetica, incisiva, le principali intuizioni della cultura occidentale sul tema dell’amicizia. Vi si vede la grande erudizione dell’autore, la sua chiarezza e, in diversi casi, lo sforzo di adattamento della materia alla sensibilità orientale. Tra i temi ricorrenti, vi sono quelli circa i rapporti amicizia-utilità, amicizia-giustizia, amicizia-gioia, amicizia-sincerità. Il tema dominante però è quello del rapporto amicizia-bisogno. Si tratta di un tema delicato: «Se sei il mio vero amico, allora mi ami per l’affetto, non per le cose» (27., p. 73) e, d’altra parte, «Le cose degli amici sono tutte comuni» (29., p. 73). Insomma, mentre l’amicizia è indubbiamente utile, essa ha una radice di assoluta gratuità: «L’amicizia è più utile al mondo che non le ricchezze. Non c’è¨ nessuno che ami le ricchezze solo per le ricchezze, ma c’è¨ chi ama l’amico solo per l’amico» (37., p. 75). Questa condizione paradossale dell’amicizia viene presentata dall’autore in maniera incisiva.
La bontà del testo consiste nel rendere con semplicità e chiarezza la profonda saggezza dei classici occidentali. L’amicizia viene mostrata come attenzione all’altro, come profonda unità, come capacità di fiducia, aiuto e conforto reciproco. Essa deve radicarsi nella giustizia e nella virtù¹. Al riguardo, ad esempio, si può leggere: «Si lascia l’amico che offenda la giustizia in modo veramente grave» (31. p. 73), oppure «Quando nell’amicizia il piacere prevale sulla virtù, non si può restare amici per lungo tempo» (32., p. 73). Questa tensione ideale è accompagnata ad una profonda conoscenza del cuore e delle cose umane. Così, ad esempio, si legge: «Ma che epoca! Che epoca! Le parole ossequiose producono amicizia e le parole vere producono odio!» (60., p. 83).
Il testo, pubblicato dall’Istituto Matteo Ricci, è il frutto dell’impegno di un’equipe di studiosi. Filippo Mignini ha scritto la corposa introduzione, molto utile per comprendere la storia del testo e della sua fortuna. Lo stesso Mignini insieme a Li Bingkui, della Liaoning Normal University di Dalian, ha curato la traduzione del testo Dell’Amicizia e della Prefazione all’Amicizia del signor Ricci dei Grandi Paesi Occidentali. Laura Nuvoloni ha invece curato la trascrizione della Risposta intorno alla amicitia, cioè della copia autografa dell’opera che lei stessa ha riscoperto presso la British Library di Londra. Un meticoloso ed erudito lavoro di ricostruzione delle fonti classiche greche e latine, patristiche, medioevali e rinascimentali di Matteo Ricci, in fine, è stato compiuto da Sofia Mattei. Quello di Sofia Mattei è un vero libro nel libro: se anche in qualche caso si può dubitare che Ricci davvero conoscesse quella data fonte citata in nota, resta il fatto che, attraverso le note, si può trarre in sintesi il prospetto del pensiero classico sull’amicizia, attraverso riferimenti testuali precisi.