Recensioni / Matteo Ricci, Dell'amicizia

Una prodigiosa memoria. Fu questo il tratto caratteristico di Matteo Ricci. Missionario, astronomo, letterato, cartografo, matematico, viaggiatore, s’innamorò a tal punto della Cina che, rasatosi la testa e indossato il saio da bonzo, ne valicò il confine camuffato da monaco buddista nel 1583, dopo quattro tentativi falliti. Il gesuita nato a Macerata non rimise più piede in Europa, trattenendosi fino al 1610, anno della morte, celebrata, per la prima volta nella storia, con gli stessi onori riservati ai mandarini, élite culturale dell’epoca. Supportato da un’imponente cultura enciclopedica riuscì ad impadronirsi con una velocità sorprendente dell’arma più immediata per penetrare nella cultura orientale: una perfetta conoscenza della lingua, e comprese che un’ulteriore chiave d’accesso sarebbe stata quella d’accreditare se stesso e la propria cultura nel nuovo paese, attraverso la divulgazione. Vi riuscì così bene da essere considerato dai cinesi come un classico della loro letteratura. Ancora oggi, a Pechino, la sua tomba è onorata come quella di un figlio d’occidente, divenuto in tutto e per tutto cinese. Il volume è un esempio significativo del continuo sforzo per accendere un dialogo tra occidente ed oriente, attraverso il volano di una corretta conoscenza reciproca. I cinesi scoprirono in questo modo che la loro tradizione mentiva nel presentarli come baricentro culturale del pianeta, mentre gli occidentali compresero che su tematiche fondanti un confronto sarebbe stato possibile. L’amicizia, considerata dagli orientali come uno dei cinque vincoli sociali naturali e il fondamento di tutti gli altri (come recitano i testi confuciani), poteva essere un giusto punto d’incontro. In quest’edizione compare non solo la ristampa fotografica dell’edizione cinese a stampa con traduzione italiana a fronte, ma, per la prima volta, anche il testo autografo della redazione italiana di Ricci, rinvenuto di recente alla British Library di Londra. Una raccolta di cento sentenze attinte dalla tradizione classica latina, greca, patristica e medioevale (Plutarco, Aristotele, Diogene Laerzio, Cicerone, Seneca, S. Agostino), adattate al gusto e alla possibilità di comprensione dell’interlocutore cinese, presentata da “un amico della Cina venuto da lontano”: “Io, Matteo, mi ritirai con ossequio, scrissi quello che avevo udito sin da fanciullo, composi un opuscolo sull’amicizia e lo presentai con rispetto”. “Il singolo uomo non può compiere ogni cosa; perciò il Signore del Cielo ha comandato agli uomini l’amicizia, affinché si prestassero reciproco aiuto”, dichiara una sentenza occidentale. Conferma di quanto padre Matteo Ricci fosse riuscito nel suo intento di dimostrare come le due culture potessero guardarsi allo specchio e arrivare a vedere lo stesso volto.