Recensioni / Incontro coi selvaggi

Spassoso, divertente, puntiglioso e – come se non bastasse – colto, dannatamente colto. “Incontri coi selvaggi” scritto mirabilmente dall’autore bolognese Jean Talon è un viaggio nel tempo, nel mondo dei viaggiatori e nell mirabili gesta di uomini che furono magnificati per la loro capacità di scoprire nuovi mondi e poco importava – all’epoca – se l’abitante di un popolo sconosciuto veniva comprato per un bottone di perla. Lo scrittore affronta la vicenda del viaggio compiendo un excursus che è anche letterario: per ogni episodio raccontato ci sono, alla base, almeno tre libri filtrati con acume e savoir faire per nulla usuali. “Storie minori in gran parte ricavate dalla letteratura etnografica”, dice l’autore. E in questa sua definizione c’è il piglio di chi sa che le storie minori sono le storie migliori per capire certe follie umane, come quelle di un viaggiatore che si era fissato di entrare a Timbuctù e che fece di tutto per arrivarci: quando alla fine, dopo una serie di peripezie durate anni, ci fece il suo ingresso la sorpresa non fu poi così travolgente. Degno finale di chi ha capito che, a volte, raggiungere un sogno non è mai il massimo. C’è molta attenzione critica anche nei confronti di chi – e in questo senso Talon è assolutamente impietoso – porta il viaggio a livelli di finzione. Come se l’esperienza di uno che girava nel mondo nei secoli scorsi fosse sempre considerato, comunque, un buon materiale di base da integrare con la fantasia, che nelle cronache del tempo sembra fare – a volte – da padrone. Un libro che va dal Cinquecento ai giorni nostri e che è davvero un libro alto, capace di dosare linguaggio scarno e plot meravigliosi. Storie minori che lasciano il segno più di cosidette storie maggiori. Un libro bello bello, insomma.