Recensioni / L'inconscio e la storia

Questo di Valentino Baldi è anzitutto un libro onesto. E onesto intanto perché mantiene le promesse indicate dal sottotitolo: è un saggio tutto teorico sulla teoria letteraria di Orlando, uno dei maggiori studiosi italiani degli ultimi cinquant'anni. Affronta infatti tutti i nodi della riflessione orlandiana e lo fa in modo onesto, vedendone genialità e limiti. Guardiamo subito questi nodi, trattati soprattutto nei capitoli secondo e terzo (il primo è dedicato alla vita, il quarto alla fortuna o sfortuna di Orlando nella cultura occidentale contemporanea). Il primo nodo è forse inatteso: riguarda la funzione del destinatario inclusa nel testo. Mentre la maggior parte degli studiosi che applicano la psicoanalisi alla letteratura (ma è vero che Orlando è un critico freudiano, non psicoanalitico) fanno riferimento all'autore o all'opera, il ritorno del represso nella sostanza dei contenuti chiama in causa un destinatario incluso nel testo, che può coincidere più o meno perfettamente con qualunque destinatario empirico. Con questa mossa Orlando da un lato apre all'ermeneutica e al punto di vista del lettore, ma dall'altro si rifà alla tradizione dello strutturalismo e nello stesso tempo la tradisce in senso freudiano, si rifà alla psicoanalisi e nello stesso tempo la tradisce in senso strutturalista. Questo movimento di fedeltà infedele o di un'ortodossia sempre costeggiata e sempre violata è d'altronde costante in Orlando, come mostra più volte Baldi.
Un secondo nodo riguarda il rapporto con Lacan e poi con Matte Blanco e il problema dell'inconscio non rimosso. Orlando muove da Lacan ma poi lo abbandona, abbracciando il pensiero di Matte Blanco. Lacan infatti non distingue fra le varie manifestazioni dell'inconscio e soprattutto fra quelle comunicanti, che presuppongono una dimensione sociale, e quelle non comunicanti. Il linguaggio letterario da un lato esprime tendenze inconsce ma dall`altro, a differenza del sogno o del sintomo, vuole avere un interlocutore, si rivolge a qualcuno. Dunque è simile al motto di spirito che analogamente presuppone un orizzonte comunicativo. Come il motto di spirito, il linguaggio letterario è una formazione di compromesso fra logica asimmetrica e logica simmetrica e dunque gli pertiene quella bi-logica di cui ha parlato Matte Blanco. Semmai – e questo è un limite di Orlando teorico che Baldi indica con chiarezza – Orlando fa coincidere l'inconscio con il rimosso o represso, senza far posto nella propria teoria all'inconscio non rimosso. E qui, in questo limite, nella incapacità orlandiana di misurarsi con un nucleo di pensiero astorico e antílogico che la coscienza non è in grado di contenere, Orlando paga dazio probabilmente alla propria formazione storicistica e alla censura che questa effettuava su di lui, magari, attraverso la figura dell'amico Timpanaro.
D'altra parte la capacità di fondere storicismo auerbachiano, marxismo e pensiero freudiano è un carattere forte e originale della ricerca orlandiana. Un terzo nodo infatti riguarda il rapporto fra inconscio e storia. Per Orlando l'inconscio è dentro la storia, e la storia è dentro l'inconscio. Proprio la necessità di inquadrare storicamente l'inconscio induce Orlando a parlare per la letteratura di ritorno del represso (dunque a supporre un represso storico e sociale) e non di ritorno del rimosso (dunque solo privato e individuale). Un quarto nodo è rappresentato dalla ricerca tematica singolarmente associata, in Gli oggetti desueti, a una vocazione strutturalista evidente sia nel rispetto della testualità, sia nella esigenza di ordine e di sistemazione generale. Se si pensa che nei decenni in cui Orlando lavorava a questo libro la ricerca tematica veniva rifiutata sia dalla critica strutturalista che da quella marxista, il coraggio di Orlando appare indiscutibile. Nel grande libro Gli oggetti desueti si intrecciano d'altronde tendenze che si direbbero fra loro inconciliabili: storicismo, marxismo, metodo auerbachiano, vocazione comparatista, approccio tematico si uniscono originalmente a istanze strutturaliste e freudiane. Gli "oggetti desueti", nella loro non funzionalità, finiscono per essere come la letteratura che non è più funzionale al mondo del profitto e del capitale. Nella nostra società, osserva giustamente Baldi, la letteratura si manifesta come ritorno del represso antifunzionale. Nello stesso tempo come gli "oggetti desueti", perduta la funzionalità originaria, possono acquisirne una seconda e diversa, così può accadere oggi alla letteratura.
Proprio la fedeltà, per quanto infedele, allo storicismo, al marxismo, al freudismo in anni in cui queste tendenze erano poste sotto accuse dalla filosofia dominante in Occidente (quella della neoermeneutica heídeggeriana, della French Theory e del postmodernismo) ha ridotto l'area di influenza del pensiero di Orlando, inducendolo a parlare di fallimento e di insuccesso. Ora che esse stanno finalmente tramontando, può darsi, conclude Baldi, che si aprano possibilità nuove di una sua diffusione e affermazione e nello stesso tempo di superamento dei suoi invitabili limiti.